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HAI VOGLIA DI HAMBURGER O SEI SOLO NOSTALGICO DEL PASSATO?

Neuromarketing

Indice

Ripensando agli anni della scuola materna, la mia mente viene avvolta da fotogrammi sereni: un cortile colmo di bambini sorridenti, il parco giochi in cui mi sono ritrovata con i miei amici fino a quando siamo diventati troppo alti per salire sulle altalene, le verdure raccolte dall’orto che coltivavamo in giardino… Qualche giorno fa, però, ho casualmente accennato questo discorso con mia madre e con mia grande sorpresa lei mi ha ricordato che a quei tempi per me il mondo non era tutto rose e fiori: ogni mattina prima di salire sul pullman diretto verso l’asilo si susseguivano lacrime e richieste di rimanere a casa. Sembrava quindi che il mio cervello avesse conservato una visione distorta di quel periodo, ponendo una maggiore enfasi sui ricordi positivi ed erodendo lentamente quelli meno piacevoli.

Anche a te sarà successo almeno una volta di ripensare al passato in maniera nostalgica; accade un po’ a tutti. Basta pensare ai nonni e alla loro frase ricorrente “ai miei tempi si stava meglio” o al celebre film di Woody Allen intitolato Midnight in Paris, nel quale il protagonista Gil Pender afferma che “… La nostalgia è negazione, negazione di un presente infelice. E il nome di questo falso pensiero è: sindrome epoca d’oro, cioè l’idea errata che un diverso periodo storico sia migliore di quello in cui viviamo. Vedete, è un difetto dell’immaginario romantico di certe persone che trovano difficile cavarsela nel presente …” .1

Il neuromarketing

L’argomento su cui vorrei focalizzarmi riguarda la campagna pubblicitaria messa in atto pochi mesi fa da Mc Donald’s in 100 diverse nazioni, dal nome “As Featured In”. La catena di fast food ha infatti reso disponibile un menù speciale composto da alimenti emblematici di Mc Donald’s apparsi in film, canzoni e serie tv che ormai fanno parte a pieno titolo della pop culture, tra cui la serie tv The Office (“Michael Scott loves Filet-O- Fish”), il film di fantascienza Fifth Element, l’iconico dialogo tra Vincent Vaga e Jules Winnfield in Pulp Fiction, scene di Loki, Friends, Fast and Furious, Coming to America, Space Jam e molti altri.

Ma cos’hanno in comune la mossa pubblicitaria di Mc Donald’s, i miei pianti all’asilo, i ricordi di mio nonno e un intenso monologo cinematografico? Semplice: il sentimento della nostalgia, o più precisamente il cosiddetto bias della nostalgia o retrospettiva rosea.

Si tratta di un fenomeno psicologico per cui le persone tendono a giudicare il passato in modo più roseo di quanto giudichino il presente (o come avrebbero detto i nostri antenati latini, memoria praeteritorum bonorum)2. Perché il nostro sistema nervoso mette in atto questo bias cognitivo? Probabilmente perché la semplificazione dei ricordi implica la necessità di una minore quantità di connessioni neurali per immagazzinarli e recuperarli al momento opportuno. Così come in un computer vengono rimossi i dati superflui per evitare di occupare memoria inutilmente, allo stesso modo agisce la nostra mente.

Ma il motivo di ciò non è esclusivamente fisiologico: esiste anche una ragione legata al benesserepsicologico. In un mondo in continua e rapida evoluzione, ogni certezza sembra scivolare tra le mani come sabbia, ed è inevitabile che si crei un sentimento di angoscia dovuto all’impossibilità di ancorarsi a qualcosa che rimanga così com’è. Internet, social networks, intelligenza artificiale, sono solo alcune delle rivoluzioni tecnologiche che hanno permeato la società negli scorsi decenni, stravolgendo il modo di vivere ormai consolidato dei nostri predecessori. A un presente incerto e tentennante, la mente umana controbatte con la propensione a rifugiarsi in sentimenti, sensazioni ed esperienze già vissuti, in modo da ricevere una confortante rassicurazione, anche a costo di manipolare i ricordi stessi.

I Bias

Avendo introdotto le motivazioni psicofisiche di questo fenomeno, posso ora concentrarmi sull’obiettivo della mia analisi: esplorare questo esempio di neuromarketing (disciplina volta all’individuazione di canali di comunicazione diretti ai processi decisionali d’acquisto, mediante l’utilizzo di metodologie legate alle neuroscienze 3 ), analizzandone le caratteristiche e l’effetto sui consumatori. Come vedremo, quella attuata da Mc Donald’s si rivelerà una strategia efficiente (e no, non è uno spoiler, in quanto bisognerebbe vivere in una grotta isolata per non accorgersi del fatto che questa azienda ha costruito un vero e proprio impero partendo da zero).

“Due minuti // La strada prima che sia troppo tardi per cambiare idea”. I fan più accaniti avranno riconosciuto il testo di una canzone di Calcutta, nella quale sono sufficienti due minuti per cambiare lo stato d’animo del narratore. Ecco, per quanto riguarda la nostra vita quotidiana, è stato studiato che in media ciascuno di noi impiega non due minuti, bensì solo due secondi per giudicare una scelta di acquisto; è perciò fondamentale per il venditore saper sfruttare bene lo scarso tempo che ha a disposizione per imprimersi in modo eternamente positivo nell’immaginario del consumatore. Senza dubbio fare ciò non è semplice, tuttavia esiste un trucco che può agevolare questo processo: sfruttare i bias cognitivi. Di cosa si tratta?

Nell’intricata selva oscura di tutte le possibili scelte quotidiane, il nostro cervello svolge il ruolo di Virgilio nella selva oscura dantesca, dovendoci guidare senza esitazione verso la metaforica uscita, ossia verso la decisione finale. A differenza di Virgilio, però, la nostra guida non è invulnerabile: può essere influenzata e guidata verso direzioni differenti. Tali influenze, note come bias cognitivi, sono in grado di plasmare le nostre opinioni senza che noi ce ne accorgiamo, e questo rappresenta un notevole punto di forza per il neuromarketing. I bias sono deviazioni sistematiche dalla realtà oggettiva, che rendono il processo decisionale vulnerabile a distorsioni e pregiudizi inconsapevoli.

La chiave di questo stratagemma (che è lo stesso adottato da Mc Donald’s) risiede nella capacità di connettere in modo indissolubile i propri prodotti agli stati emotivi positivi associati a periodi di vita passata. Il neuromarketing pertanto propone un vero e proprio viaggio nel tempo, che catapulta il consumatore in un’oasi di nostalgia. Ovviamente, questo viaggio è condensato in meno di due secondi!

Questa strategia di marketing si rivela essere un approccio intelligente ed efficace per fidelizzare il consumatore, innescando in lui una risposta emotiva irrazionale. Creare una connessione sentimentale profonda con il passato permette di instaurare una relazione emotiva tra cliente e marchio, promuovendo la fedeltà a lungo termine e stimolando il cosiddetto “acquisto impulsivo”. D’altro canto, un’eccessiva enfasi sulla nostalgia del passato potrebbe escludere le fasce di consumatori più giovani, che sono meno legati a immagini passate. Di conseguenza, la sfida di questo approccio consiste nell’abilità di bilanciare il richiamoemotivo degli eventi passati con la necessità di adattarsi alle dinamiche sociali contemporanee; sicuramente Mc Donald’s è stata in grado di farlo, per un duplice motivo:

  • I clienti più giovani sono già molto legati al marchio, grazie a interventi pubblicitari differenti, mentre questa specifica campagna pubblicitaria è rivolta a una fascia di pubblico di età più avanzata.
  • Le scene selezionate sono ormai considerate “eterne” e sono note a tutti, nonostante appartengano al passato.

Le due considerazioni sopra esposte permettono di comprendere come in realtà questo meccanismo pubblicitario sia vantaggioso anche nei confronti della fascia di popolazione più giovane, in quanto, pur riguardando un’epoca temporale a cui loro non appartengono, i ragazzi non sono immuni all’idealizzazione del secolo passato, sia perché alcune manifestazioni di tale periodo storico (come film e libri) sono sopravvissute, ricoprendo un ruolo centrale nella cultura contemporanea, sia perché chiacchierando con gli adulti è semplice percepire un’ondata di nostalgia e venirne travolti, pur non essendone coinvolti in modo diretto.

E per quanto riguarda la nostra penisola, come è stato possibile conciliare questa tattica di marketing con le tradizioni culinarie mediterranee, che sicuramente non contemplano il fast food?

È vero che il primo fast food aperto in Italia risale al 1981, ma è anche vero che la nostra nazione è ormai da tempo soggetta all’egemonia culturale statunitense: per ragioni storico-politiche, a partire dal Piano Marshall, l’Italia ha ammirato gli Stati Uniti come Dante ammirava Beatrice, e di conseguenza abbiamo reso nostri anche modi di vivere e abitudini che tradizionalmente non appartengono alla nostra cultura. A ciò si sommano gli effetti della globalizzazione e della diffusione di Internet: insomma, è lecito dire che “tutto il mondo è paese”.

In un ormai diffuso contesto di idealizzazione del passato, demonizzazione del presente e terrore del futuro imprevedibile, il neuromarketing può sfruttare il potere di plasmare le emozioni attraverso il potente filtro della nostalgia. McDonald’s, con la sua campagna “As Featured In”, è solo un esempio di come le aziende possano viaggiare nel tempo, catturando cuori e portafogli. Per ora questo modus operandi si è rivelato vincente: vedremo se in futuro questa catena di fast food sarà in grado di continuare a stupirci, e chissà, forse tra qualche decennio l’epoca che rimpiangeremo sarà proprio quella presente.

Note

Citazione pronunciata dallo scrittore Gil Pender (interpretato da Owen Wilson) nel film Midnight in Paris, scritto e
diretto da Woody Allen.

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