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Economia nel calcio

Economia nel calcio

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Quanto erano belli i tempi in cui nel fine settimana ci si organizzava con amici e parenti per seguire le partite di calcio. I pranzi della domenica affrettati perché “dai che tra poco c’è il calcio d’inizio”. Una sensazione di nostalgia che però mostra solo come il calcio ma anche tutti gli sport, stiano vivendo da anni il passaggio da semplice disciplina atletica a vero e proprio spettacolo di intrattenimento. E si sa, lo show business ha le sue regole.

L'arrivo delle tv private

Com’era quindi il calcio in tv? Un tempo, per l’Italia si giocava tutti la domenica alle 14:30 o le 15 a seconda del periodo dell’anno con la possibilità che una partita, tra squadre con più seguito, giocasse la sera di domenica o il sabato prima. Questo modo di giocare era utile, perché metteva meno ai calciatori la pressione del risultato di un avversario che aveva già giocato e magari li aveva scavalcati in classifica. Per le altre nazioni era circa lo stesso, solo che al posto della domenica c’era il sabato, che da noi era riservato alla Serie B, giusto per praticità. 

A partire dagli anni ’90 qualcosa è cambiato, le tv a pagamento fecero il loro ingresso dirompente sul mercato ed il calcio si ritrovò in tv. Sì perché prima le partite non le si seguiva tramite una tv, ma alla radio con i cronisti presenti allo stadio che raccontavano quello che stava succedendo. O tramite i programmi in tv che sempre con la stessa modalità raccontavano gli eventi in diretta. Chi aveva la voglia di vedere quello che stava succedendo aveva una sola strada, saltare in macchina e comprare un biglietto per andare allo stadio. Altrimenti, aspettare il pomeriggio per gustarsi sulla Rai il programma “90esimo minuto” dove venivano mostrati tutti i goal e le azioni salienti della giornata sportiva. 

Ma quindi cosa cambiò 30 anni fa? Fino agli anni ’80, non esisteva ancora il concetto di “diritti televisivi” per le partite di Serie A era possibile seguire le partite solo nel modo raccontato in precedenza. L’istituzione giuridica che permise di trasmettere in diretta le partite in chiaro iniziò nel 1980 su base di quello usato in altri paesi. Da quel momento alcune partite, grazie all’accordo tra la lega calcio e la Rai apparvero sulla tv programmi come il già citato “90esimo minuto” e molti approfondimenti sul settore. La vera rivoluzione era però in attesa di compiersi.

Nel 1993 la società privata con i propri canali Tele+ si interessò all’acquisto dei diritti televisivi, ma non sarebbero stati a disposizione di tutti come sulla Rai, ma solo di fosse disposto a pagare un abbonamento. Iniziò allora la differenziazione tra diritti criptati e diritti in chiaro. Da quel momento in poi ogni 3 o 5 anni venivano indette gare per l’assegnazione dei diritti criptati di trasmissione al miglior offerente. Quando gli interessati erano in più di una azienda, come per qualsiasi bando l’offerta si alzava e questo permetteva di far incassare più soldi alle società sportive. 

Come sono distribuiti i ricavi televisivi

Il 50% del ricavato viene diviso equamente tra i club iscritti al campionato, il 20% viene assegnato in base a quanto è stata seguita una squadra, per via televisiva secondo i dati auditel Auditel (8%) e all’affluenza allo stadio (12%), modo in cui si riesce a capire quanto una squadra abbia seguito ed influenza. Per ultimo il 30% viene assegnato sulla base dei risultati sportivi, ovvero del piazzamento in classifica, dei punti ottenuti, dei risultati negli ultimi cinque campionati. La spartizione è regolata dalla Legge Melandri con varie riforme e aggiustamenti successivi.

In termini monetari, di che cifre si sta parlando? Come è visibile dal grafico seguente, siamo partiti come valori dei ricavi di circa 60 milioni di euro (considerando i dati in lire), arrivando al picco di 973 milioni di euro per il triennio 2018-2021. A seguito del quale si è verificata una flessione dell’offerta per i maggiori costi che le società distributrici devono affrontare.

Nella seguente tabella invece vediamo quanto siano i ricavi delle maggiori squadre di serie a derivanti dalle più varie fonti confrontate con quelle delle maggiori squadre del campionato inglese di Premier League. il secondo mostra per la stessa stagione scelta per il confronto un ammontare totale dei ricavi superiore al doppio di quello del campionato italiano.

Serie A

2020/21

Premier League

2020/21

Juventus

437,5

Manchester City

689,6

Inter

356,4

Manchester United

598

Milan

232,6

Liverpool

589,8

Roma

194,8

Chelsea

526,2

Napoli

174,5

Tottenham

437,9

Lazio

164,7

Arsenal

397,2

TOTALE

1560,4

TOTALE

3238,7

In questi numeri, qual è il contributo dei diritti televisivi? La distribuzione percentuale è molto variabile, andando dal 10% al 25%, per via che nei ricavi vengono considerati anche quelli derivanti dalla compravendita dei cartellini degli atleti i cui prezzi sono del tutto aleatori.

Per quale motivo si è presa come riferimento la Premier League? Perché nello stesso anno in cui la Serie A riusciva a toccare il suo picco di ricavi dai diritti televisivi, il campionato inglese garantiva ricavi in premi per le squadre per un totale di oltre 3 miliardi di euro, cifra di gran lunga superiore ai 973 milioni del campionato nostrano. Con un ricavo medio delle singole squadre partecipanti di circa 160 milioni di euro. Questo valore è pari al doppio di quanto il vincitore del campionato di serie A incassi della quota dei 973 milioni, cioè 80 milioni di euro.

I maggiori guadagni sono segnale non solo del fatto che il campionato italiano abbia meno seguito, cosa del tutto comprensibile nello sport, ma che le squadre dei campionati esteri hanno maggiori risorse. Questo business ha ancora dei margini di sostenibilità o è destinato a soccombere schiacciato dai suoi stessi costi? Se i club in passato prima dell’arrivo delle televisioni private e della spettacolarizzazione dello sport si trovavano a dover sostenere costi di gestione più bassi, ora hanno necessità di massimizzare gli incassi cercando anche di diversificare le fonti, per cercare di raggiungere il livello di ricavi che permetterebbe di reinvestire nell’aumento della qualità e dei risultati della squadra.

 

Tornando al tema, perché si è parlato della domenica con nostalgia per il calcio? Molto semplice, negli ultimi anni i diritti televisivi sono sì aumentati come offerta, ma hanno chiesto alle federazioni dei singoli paesi qualche modifica agli orari delle partite. Si è quindi passati dal ragù domenicale allo spezzatino riscaldato. Il termine non è solo un gioco di parole, infatti negli ultimi anni, le partite prima concentrate ad un unico orario, la famosa domenica pomeriggio alle 15, sono state distribuite dal venerdì sera al lunedì sera, in un totale di 8 possibili combinazioni di orario. La modalità su come sono distribuite viene detta proprio “lo spezzatino”. In questo modo le società detentrici dei diritti sportivi hanno guadagnato la possibilità di aver sempre qualcosa da far vedere agli appassionati per tutta la durata del weekend e oltre. Non si sono chiaramente limitate ad una modifica degli orari, bensì anche gli incontri tra le squadre con più seguito in modo da poter avere sempre appassionati connessi negli orari di maggior affluenza.

Lo sport che conoscevamo è quindi destinato ancora a cambiare ancora nei prossimi anni in nome dello spettacolo, tutti gli appassionati si augurano solo di non vedere distruggere quello che hanno sempre amato e seguito con rivoluzioni eccessive al regolamento.

Note

Di ogni notizia e informazione è riportata la fonte a fine articolo, l’autore delega ogni verifica finale della loro veridicità. Ogni considerazione, argomentazione e sviluppo è stata fatta dagli autori sulla base dei propri studi e conoscenze personali. Si specifica che in nessun articolo si tratta in alcun modo di consigli finanziari.

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