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Europee 2024, highlights delle proposte per i giovani

L’8 e il 9 giugno saremo chiamati alle urne per scegliere i nostri rappresentanti al parlamento europeo, ma chi votare? come si vota? perchè votare?. In questo articolo proverò a riassumere le proposte elettorali fatte dai diversi partiti nell’ambito riguardante i giovani. Ma prima alcuni tecnicismi elettorali, giusto per non farsi annullare la scheda. Come e quando si vota. Le elezioni come detto in precedenza si terranno l’8 e il 9 giugno, i seggi saranno aperti dalle 15 alle 23 di sabato 8 e dalle 7 alle 23 di domenica 9. Questa tornata elettorale elegge 76 membri del parlamento europeo. Per votare ovviamente serviranno tessera elettorale e documento d’identità, si voterà col sistema proporzionale, cioè l’ assegnazione dei seggi avviene in modo da assicurare alle diverse liste un numero di seggi proporzionale al numero di voti. Per votare servirà tracciare una x sul simbolo della lista scelta, si potranno scrivere fino a tre preferenze ovviamente della stessa lista (non c’è il voto disgiunto), se non vengono indicate preferenze il voto NON andrà al capolista ma solo alla lista, importante è ricordare che le preferenze non possono essere tutte dello stesso sesso, dovranno essere scelti due donne e un uomo o due uomini e una donna. I Partiti e le Proposte per i giovani Fratelli d’Italia:  LAVORO: incentivare le aziende che assumono giovani e alimentare l’imprenditoria giovanile. ISTRUZIONE: incrementare le risorse per la formazione scuola-lavoro e la riqualificazione professionale. Lega: nel programma elettorale della Lega non si parla di giovani e della loro formazione. Forza Italia:  LAVORO: un piano di investimenti per l’occupazione europea di qualità, in contrasto alla disoccupazione femminile e giovanile. LAVORO: migliorare l’efficienza dei nostri sistemi sanitari con la formazione di giovani medici e infermieri. ISTRUZIONE: più sostegno al programma Erasmus+. Stati Uniti d’Europa: LAVORO: promozione dell’imprenditoria giovanile sul territorio UE con l’accesso agli investimenti  pubblici europei. ISTRUZIONE: istituzione di un servizio civile culturale per permettere di effettuare esperienze lavorative e di studio in UE, ISTRUZIONE: Fondo unico europeo per la mobilità universitaria cioè un sostegno economico che aiuti i giovani a iscriversi  a qualsiasi università nel territorio UE ISTRUZIONE: riconoscimento dei titoli di studio tra i Paesi UE. Azione:  LAVORO: aumentare la quota di finanziamenti destinati ai giovani agricoltori in modo da favorire un ricambio generazionale in ambito agricolo ISTRUZIONE: promuovere programmi di scambio e borse di studio per incentivare la mobilità degli studenti ISTRUZIONE: sistema di welfare che comprenda il sussidio  di disoccupazione europeo e un Erasmus+ più accessibile. Movimento 5 stelle: LAVORO: salario minimo europeo LAVORO: regolamentare la settimana corta di 32 ore settimanali LAVORO: reddito di cittadinanza europeo ISTRUZIONE: fondi europei per migliorare gli edifici scolastici, riduzione del numero medio di studenti per classe ISTRUZIONE: aumentare finanziamenti del programma Erasmus+ ISTRUZIONE: riconoscere i titoli di studio a livello europeo SOCIALE:  migliorare l’accesso ai servizi di salute mentale per i giovani.   Partito Democratico: LAVORO: abolire gli stage gratuiti in tutta Europa, LAVORO: introduzione di un salario minimo a 9 euro lordi all’ora, LAVORO: sistema di welfare europeo per prevenire la disoccupazione di lungo periodo. ISTRUZIONE: investire nel programma Erasmus rendendolo accessibile agli studenti meno avvantaggiati ISTRUZIONE: curriculum comune per introdurre corsi di educazione civica europea ISTRUZIONE: riconoscimento dei corsi di studio scolastici e universitari in Europa.   Alleanza Verdi e Sinistra: LAVORO: approvare una direttiva per un reddito minimo europeo LAVORO: investire nel Just Transition Fund per creare nuovi posti di lavoro per i giovani ISTRUZIONE: difendere un modello universitario diverso e su scala europea aumentando borse di studio per la mobilità degli studenti.

Democrazia sotto l’occhio del Deepfake: Il Ruolo dell’IA nelle Elezioni

Stati Uniti, Unione Europea, ma anche Indonesia, Iran, Russia e Taiwan: cos’hanno in comune queste nazioni? In tutte si svolgeranno delle elezioni nel 2024. Alcuni le chiamano «Mega elezioni»1, si stima infatti che ben 4 miliardi di persone saranno chiamate al voto per un totale del 51% della popolazione del pianeta. Potrebbe suscitare curiosità il legame tra l’Intelligenza Artificiale e le elezioni, ma considerando che già nel 2016 ci sono stati casi in cui i social media sono stati accusati di aver influenzato radicalmente gli utenti2, con l’avvento dell’Intelligenza Artificiale, il potenziale di intervenire nel processo elettorale si è notevolmente ampliato. Ciò non per forza con risvolti negativi; infatti, in molti casi può essere utilizzata per aiutare gli elettori a comprendere e confrontare le posizioni dei diversi candidati su varie questioni. Inoltre, può assistere i candidati nell’analisi dei desideri degli elettori e nella creazione di programmi che creino un rapporto diretto con l’elettore.3 Come nota Schneier nell’articolo AI and US Election Rules ci sono usi legittimi più o meno nobili dell’IA, come ad esempio la creazione di satira su candidati avversari, che poco si discostano dai vecchi sistemi di photoshop, o di chatbot in grado di comunicare personalmente con l’elettore, mentre altri sono più complessi da distinguere e impongono l’assunzione di maggiori tutele. Attualmente, grande preoccupazione riguarda i deepfake: l’avanzamento delle soluzioni di Intelligenza Artificiale generativa rende sempre più semplice la creazione iperrealistiche di foto, video e registrazioni audio falsi, con l’obiettivo di danneggiare l’immagine pubblica di un candidato, sostenere teorie o influenzare negativamente i voti. Il Center for countering digital hate (Ccdh )4 ha evidenziato come i principali generatori di immagini con Intelligenza Artificiale possano creare elementi utili per destare disinformazione sulle elezioni nel 41% dei casi, inclusi immagini che potrebbero supportare false affermazioni su candidati o frodi elettorali. I governi non sono sordi a queste problematiche e una dimostrazione viene dalle linee guida della Commissione Europea del 26.03.20245 nelle quali si invitano le aziende del settore ad imporre etichette sui video fake per renderli riconoscibili e ad una maggiore trasparenza sui messaggi elettorali diffusi dagli influencer. Pur non essendo questi obblighi ma solo raccomandazioni contenute in linee guida, si instaurano nel panorama del nuovo Digital service act (DSA) che impone alle piattaforme con più di 45 milioni di utenti nell’UE di prevenire e contrastare la diffusione di contenuti illegali e dannosi, includendo tra questi, quello che potrebbe «minare l’integrità delle elezioni»6 e seguono di pochi giorni la richiesta formale di informazioni in merito alle misure adottate per mitigare i rischi associati all’IA generativa, inclusa la diffusione di deepfake e le manipolazioni che potrebbero ingannare gli elettori, della Commissione a Bing, Google Search, Facebook, Instagram, Snapchat, TikTok, YouTube e X. Inoltre,significativo è l’impegno delle grandi società tecnologiche, tra cui spiccano Google, Microsoft e OpenAI, che proprio in previsione dell’eccezionalità dell’anno hanno stretto un accordo, noto come Tech Accord to Combat against Deceptive Use of AI in 2024 Elections, con l’obiettivo «di impostare le aspettative per il modo in cui i firmatari gestiranno i rischi derivanti dall’ AI Election»7 Come le società leader stesse dichiarano «Siamo impegnati a fare la nostra parte come società di tecnologia, pur riconoscendo che l’uso ingannevole di AI non è solo una sfida tecnica, ma una questione politica, sociale ed etica e spero che gli altri si impegnino in modo simile all’azione in tutta la società.»8 L’accordo firmato rappresenta un impegno volontario per promuovere sette obiettivi principali nel contesto della gestione dei contenuti elettorali ingannevoli generati artificialmente. Questi obiettivi includono la prevenzione attraverso l’applicazione di precauzioni ragionevoli, l’identificazione dell’origine dei contenuti, il rilevamento attivo di contenuti ingannevoli, la pronta risposta a incidenti, l’apprendimento dalle esperienze passate, l’educazione del pubblico sulle pratiche mediatiche elettorali, e il sostegno allo sviluppo di strumenti di difesa e risorse per proteggere il dibattito pubblico e l’integrità democratica dall’uso di contenuti elettorali artificialmente manipolati. Nel quadro dei loro impegni fino al 2024, le parti coinvolte si adoperano con determinazione per affrontare le sfide poste dai contenuti elettorali ingannevoli generati artificialmente concentrandosi sullo sviluppo e sull’implementazione di tecnologie avanzate, lavorano per mitigare i rischi associati a tali contenuti. Questo impegno comprende il sostegno allo sviluppo di soluzioni innovative per identificare e certificare l’autenticità del contenuto, nonché l’adozione di metodi di tracciabilità e controllo delle immagini generate dall’IA. Parallelamente, si impegnano nella valutazione continua dei modelli inclusi nell’accordo al fine di comprendere meglio i rischi e migliorare i controlli. Si sforzano anche di promuovere la resilienza intersettoriale, condividendo le migliori pratiche e gli strumenti per affrontare il contenuto elettorale ingannevole in modo tempestivo ed efficace. Punto che poi si lega anche alla più recente disciplina governativa è il fatto che anche i privati riconoscano nella trasparenza un elemento chiave del loro approccio. Le parti coinvolte nell’accordo infatti si impegnano a fornire informazioni chiare sulle politiche adottate e sulle azioni intraprese per contrastare il contenuto ingannevole, collaborando attivamente con organizzazioni della società civile, accademici ed esperti. Inoltre, riconoscendo l’importanza dell’educazione e della sensibilizzazione del pubblico, si adoperano per promuovere la consapevolezza sui rischi associati al contenuto elettorale ingannevole e per fornire strumenti e risorse educative per proteggere il pubblico dalla manipolazione e dall’inganno. In conclusione, l’impegno delle società private del settore tecnologico nel garantire l’integrità della democrazia è un passo significativo verso la costruzione di un ambiente online sicuro e affidabile durante i processi elettorali. Il riconoscimento dei rischi associati ai contenuti elettorali ingannevoli generati artificialmente e gli sforzi per sviluppare e implementare soluzioni tecnologiche per contrastarli sono cruciali. Tuttavia, è importante sottolineare che la responsabilità di preservare la democrazia non ricade solo sulle spalle delle società private del tech o sui governi, ma anche sui cittadini stessi. È fondamentale che ogni individuo partecipi attivamente nell’analizzare criticamente le informazioni che riceve e nell’esercitare il proprio diritto al voto in modo informato. Solo attraverso un impegno condiviso tra le aziende tecnologiche, i governi e i cittadini, si può garantire un panorama elettorale equo e trasparente, preservando così i fondamenti stessi della democrazia. Fonti 1

Club to Brand

Lo stile dello sport, i club come brand di moda Sta arrivando la bella stagione. Con le giornate di sole i parchi e le spiagge iniziano a popolarsi di ragazzi e persone che si godono la vita e si divertono. Salta facilmente all’occhio lo stile con cui sono vestiti. Per molti la scelta è un mantra, maglia da calcio tutto l’anno e canotta da basket se si va al mare, così ci si può anche abbronzare senza i segni delle maniche. Vedendoli, verrebbe da pensare che si tratta di semplici tifosi, che scelgono di mostrare la propria fede sportiva indossando la divisa di rappresentanza, un po’ come si farebbe per le maglie della propria band preferita. In molti casi però, la scelta è puramente di stile, anche perché altrimenti guardandosi intorno sulle spiagge italiane ad agosto, verrebbe da pensare che l’NBA sia il vero sport nazionale e che il calcio non sia nemmeno d’interesse. Cosa attira le persone a scegliere di indossare una maglia di un club sportivo anche se non si è minimamente interessati? La risposta è più semplice del previsto: la Moda. Solo una questione di stile? Che le persone siano altamente influenzate dalla moda e le tendenze, non è la scoperta del secolo, in qualsiasi settore questa propensione è sfruttata per ricavare il più possibile da un prodotto o un servizio. I club di ogni sport hanno da sempre svolto operazioni di brandizzazione usando i colori sociali e il logo in tutto ciò che li riguarda. Infatti, per molte squadre, è solito riferirsi a loro attraverso i colori, sono degli esempi “giallorossi” per la Roma, “bianconeri” per la Juventus o “Reds” per la squadra inglese del Liverpool. Questa primordiale forma di posizionamento del mercato, nel corso degli anni con l’ampliarsi del pubblico, ha attirato l’attenzione dei brand di moda sportiva e di lusso. Non si trattava più di fare una semplice divisa a tinta unita o a strisce bicolore che rappresentasse il club, era necessario impegnarsi per dare uno stile alla casacca che rimanesse impresso, con un unico obiettivo: vendere le maglie ai tifosi. Come accennato in precedenza, indossare una maglia di un club, era da sempre visto come il riconoscersi parte della tifoseria e supportare la squadra, pochi si sarebbero immaginati che una maglia di una piccola provincia italiana potesse finire indosso ad un giovane dall’altra parte del mondo. La realtà è che la voglia di dare un’identità di stile alla divisa, nata intorno agli anni settanta, ha portato alla moda dei giorni d’oggi in cui addirittura si vanno ad acquistare repliche delle maglie degli anni passati per adeguarsi al trend aggiungendo anche un tocco di vintage che non guasta mai. Il mercato della moda sportiva   Le persone interessate all’acquisto delle maglie delle squadre sono aumentate, nonostante il prezzo per una maglia della stagione attuale, parte dagli 80-90 euro, per la versione “replica”, sino ai 150-180 euro per poter indossare la stessa portata in campo dai giocatori completa di personalizzazione e patch per le competizioni. Una cifra di tutto rispetto che quasi fa meravigliare di come ogni anno i tifosi siano disposti ad affrontarla. Con questi prezzi non meraviglia che il mercato delle maglie ufficiali per il solo calcio si aggiri attorno ai 10 miliardi di dollari annui, senza contare tutti i prodotti contraffatti che contribuiscono involontariamente alla popolarità delle squadre. Come possiamo vedere dalla seguente tabella i club con le maglie ed il merchandising, ricavano annualmente delle cifre molto importante per il bilancio, che unite ai diritti televisivi ed i premi dei risultati stagionali, costituiscono l’intero ammontare del fatturato.   Squadra Ricavi Merchandising anno 2023 Barcellona 179 milioni Real Madrid 155 milioni Bayern Monaco 147 milioni Liverpool 132 milioni Manchester United 130 milioni Paris Saint-Germain 97 milioni Arsenal 89 milioni Chelsea 87 milioni Juventus 74 milioni Tottenham 74 milioni   Per il basket invece dal seguente grafico emerge come sia altamente confermato il trend di popolarità dell’indossare le canotte anche al di fuori del campo e senza essere supporter della squadra. I dati nello specifico sono riferiti al mercato americano, ma per quello internazionale le cifre sono paragonabili ed evidenziano lo stesso trend. La grande visibilità e diffusione ha reso le maglie sportive dei cartelloni pubblicitari ambulanti, aumentando così le cifre che i club possono chiedere per far apparire su di esse i loghi dei brand. Club sportivi, la crescita del valore Tutte le scelte economiche e di posizionamento del brand da parte dei club sportivi, hanno portato nel corso degli anni ad una crescita impressionante del loro valore. Come si vede dal grafico che segue, la valutazione ha toccato quello delle grandi società in tutt’altri ambiti, nonostante l’ammontare non sia strettamente correlato con il fatturato, come di solito accade. Infatti, il riconoscimento ed il prestigio della squadra hanno un valore intrinseco in sé che è slegato anche dai risultati sportivi, che altrimenti provocherebbero continue oscillazioni delle valutazioni, e che ha potuto consolidarsi nel tempo. Non stupisce che nel corso degli anni, vi sia stato un avvicendamento dei proprietari e presidenti dei club, passando dai vecchi magnati che vedevano allo sport come un passatempo senza profitto, ai grandi fondi di investimento che hanno compreso le potenzialità mediatiche dello sport. Questo ha spinto ad un aumento della produzione di merchandising e soprattutto della moda sportiva, facendo si che i marchi sportivi che ogni anno vestono le squadre producano numerose versioni per la maglia con cui i giocatori scendono in campo e tutti i tipi di indumenti sportivi, come tute e materiale per gli allenamenti, che possono anche essere usati quotidianamente. La moda sportiva, unita all’aumento della spettacolarizzazione in tv dei match, mostra come la transizione dei club sportivi da semplici società fatte per amore dello sport a vere e proprie aziende stia per raggiungere il suo stadio finale. Ai nuovi proprietari non importano veramente successi e le emozioni che lo sport è in grado di trasmettere. I risultati, ovviamente sono ammessi solo quelli positivi, servono a raggiungere più pubblico da trasformare in futuri clienti. 

L’AI e l’etica

Etica, dal greco ἔθοϚ «costume, carattere», fa riferimento a tutte le considerazioni sui principi legati alla morale e al comportamento pratico dell’uomo1, includendo l’identificazione dei diritti e dei doveri morali verso sé stessi e gli altri, al fine di ottenere criteri di valutazione per le azioni umane2. L’avvento dell’Intelligenza Artificiale (IA) ha causato non pochi quesiti sotto molti punti di vista, tra cui anche quello etico, ramificato in diverse questioni, che verranno pian piano sviscerate nel corso di questa serie. Prima di procedere è utile sottolineare che l’etica ha carattere fortemente territoriale e culturale, per quello che qui concerne prenderemo a riferimento prevalentemente la cultura occidentale euro-statunitense. I temi attorno all’etica dell’IA si possono riassumere in 8 punti cardine3 che sono alla base delle recenti normative tra cui ritroviamo principalmente la privacy, la responsabilità e la sicurezza, la trasparenza e la lotta alle disuguaglianze, ma anche il controllo umano della tecnologia, insieme alla responsabilità professionale e alla promozione dei valori umani. In merito alla privacy, ad esempio, un esempio tangibile è il provvedimento del Garante del 31 marzo 2023 contro Chatgpt per la raccolta illecita di dati personali4 con il quale il garante ha disposto con effetto immediato «la limitazione provvisoria del trattamento dei dati degli utenti italiani nei confronti di OpenAI, la società statunitense»5. Con il provvedimento emesso il garante evidenziava la mancanza di una adeguata informativa agli utenti oltre che l’assenza di una base giuridica che giustificasse la massiccia raccolta e conservazione di dati personali. Altra sfida è la determinazione della responsabilità giuridica in caso di danni causati dall’IA, e, in questo caso l’esempio di cui si abusa è quello del veicolo a guida autonoma. Ma di fondamentale importanza sono anche le questioni legate alla trasparenza nell’utilizzo di questi sistemi che causano inevitabilmente disuguaglianze informative e non ed è per questo che i governi di tutto il mondo si stanno interessando alla materia.  Non è un caso infatti che queste tematiche siano al centro sia della disciplina dell’AI Act che  nell’Executive Order statunitense, anche se quest’ultimo risente dell’approccio americano ed è caratterizzato da un approccio molto più liberale e a favore delle grandi imprese. Dal punto di vista nazionale notiamo come dalla necessità di rispondere nel modo migliore si sia generata la costituzione della Società Italiana per l’Etica dell’Intelligenza Artificiale (SIpEIA) che si definisce come «come associazione culturale che riunisce accademici, studiosi, operatori, aziende e cittadini interessati ai problemi etici sollevati dalla IA»6, di fatto promuove corsi e articoli sul tema. È in questo contesto che diventa fondamentale l’insegnamento al rapportarsi con gli strumenti. L’AI Literacy7 viene definita come un insieme di competenze che consentono una solida comprensione dell’IA attraverso tre assi prioritari: apprendimento dell’IA, apprendimento di come funziona l’IA e apprendimento per la vita con l’IA e la sua implementazione. Nell’AI Literacy si inizia, infatti, col capire cosa effettivamente sia l’intelligenza artificiale e come funziona. Questo include introdurre la familiarità con concetti come il machine learning, le reti neurali e gli algoritmi di IA, in quanto la comprensione è essenziale per riconoscere le applicazioni pratiche dell’IA nei vari contesti. Un’ulteriore componente importante è la capacità di valutare criticamente le soluzioni basate sull’intelligenza artificiale. Questo implica essere consapevoli dei potenziali bias nei dati di addestramento e delle implicazioni etiche associate all’uso dell’IA. Essere alfabetizzati in IA significa di fatto anche saper utilizzare strumenti basati su quest’ultima o collaborare con sistemi intelligenti per migliorare l’efficienza e l’automazione in vari contesti. Poiché la tecnologia dell’IA è in continua evoluzione, l’AI Literacy richiede un’attitudine all’apprendimento continuo e l’aggiornamento delle conoscenze. Come anticipato, l’obiettivo principale sarà quello di esaminare le molteplici questioni etiche suscitate dall’avvento dell’Intelligenza Artificiale. Attraverso un’analisi approfondita di tali problematiche, siamo più preparati a comprendere l’impatto complessivo dell’IA sulla società e a sviluppare strategie per gestire in modo efficace le sfide etiche che essa presenta. NOTE 1 C.A. VIANO, voce « Etica», in Enc. Trec., 1993 2Ibidem 3 J.FJELD, N. ACHTEN,H.HILLIGOSS, A.C.NAGY, M. SRIKUMAR, Principled Artificial Intelligence Mapping Consensus in Ethical and Rights-based Approaches to Principles for AI, in The Berkman Klein Center for Internet e Society, 2020 4 Garante della Privacy, Intelligenza artificiale: il Garante blocca ChatGPT. Raccolta illecita di dati personali. Assenza di sistemi per la verifica dell’età dei minori, Doc-Web 9870847, 2023 5Ibidem 7 D.BASHIR, AI Literacy : Understanding Shifts in our Digital Ecosystem , in New Degree Press, 2022

1992, la fine di un’era

Capita, ascoltando il dibattito politico, di veder affiorare vecchie nostalgie riguardo la prima repubblica: è un classico sintomo della classe politica italiana, revisionare il passato per giustificare i propri errori. Ma  com’è avvenuta la transizione tra prima e seconda repubblica? E come facciamo a capire quando una repubblica finisce? Forse è meglio iniziare dalla seconda domanda. Anzitutto, le convenzioni “prima” e “seconda” repubblica sono per lo più giornalistiche e aiutano ad indicare di quale classe politica stiamo parlando con precisione; solitamente si parla di “cambio di repubblica” quando avvenimenti eclatanti scuotono i palazzi del potere politico italiano fino a cambiarne le fondamenta. Le prime scosse Il 5 aprile 1992 il Corriere della Sera tuona in prima pagina: TERREMOTO! L’ITALIA PROTESTA ELEZIONI TERREMOTO! Per la prima volta dal 1948, la Democrazia Cristiana perde 2 punti percentuali e la crescita del Partito Socialista Italiano si ferma; da questi sconcertanti declini trae profitto il nuovo partito di Umberto Bossi, la Lega Nord e, nel frattempo, tutti i giornali parlano già di stagione dell’ingovernabilità, dati i disastrosi risultati elettorali. Nel frattempo il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga si dimette con 2 mesi di anticipo dalla fine del suo mandato. Tutto questo tumulto a Roma ha una spiegazione precisa e per capirne le cause dobbiamo spostarci a Milano, dove da mesi gli occhi e le orecchie degli italiani sono puntati sull’indagine “Mani Pulite”, con cui il sostituto procuratore Antonio Di Pietro e il suo pool stanno sgominando un racket di imprenditori e dirigenti di partito che, col loro sistema di tangenti, stanno massacrando l’apparato economico ed edilizio di una città; tra gli indagati figurano nomi eccellenti come Aldo Forlani, all’epoca segretario della DC, e Bettino Craxi, segretario del PSI. Aggiungi qui il testo dell’intestazione In questo clima di disordine politico, l’11 maggio 1992, inizia a Roma, il grande ballo della Repubblica Italiana, l’elezione del 9° Presidente della Repubblica.  Il gotha DC si riunisce a Palazzo Sturzo per scegliere il candidato da presentare: al tavolo delle decisioni siedono Forlani, De Mita, Gava, Mancino e, ovviamente, Andreotti. Nel 1992 il divo Giulio è a capo del suo settimo governo; è il purosangue della politica italiana e, all’età di 73 anni, è appena stato nominato senatore a vita, ma viene da un periodo politico complesso. Ha appena dovuto firmare il decreto scritto da Giovanni Falcone che riporta dietro le sbarre i boss di mafia scarcerati per “decorrenza dei termini”; in più, gravano sul destino del giudice le centinaia di condanne ai danni della mafia, proclamate il 30 gennaio, dal maxiprocesso a cosa nostra. Di tutta risposta alla firma del decreto il 12 marzo ‘92, la mafia crivella di colpi Salvo Lima uomo chiave della corrente andreottiana in Sicilia.  Andreotti prende nota, sa che l’unica carica che manca alla sua collezione è quella al Quirinale; infatti, tramite ufficiose agenzie che circolano nei palazzi, si viene a sapere che Andreotti si starebbe muovendo come uomo per tutte le stagioni.   A questo punto, è bagarre interna alla DC tra Forlani e Andreotti: entrambi sanno che è l’ultima possibilità per ambire a questa carica ed il partito sceglie di spingere sulla candidatura del  segretario Forlani anziché sostenere Andreotti. È il primo giorno di votazioni, per la prima volta nella storia repubblicana i grandi elettori voteranno all’interno di catafalchi. Scalfaro (Presidente della Camera) inizia la chiama e l’unico nome degno di nota in questa giornata è quello di Di Pietro, che viene votato più volte ma è ineleggibile perché non ancora cinquantenne. Ma un’altra figura che esce allo scoperto è quella dei franchi tiratori che sono fondamentali in questa elezione.  A fine giornata all’interno della DC è guerra aperta tra Forlani e Andreotti, che è ancora sicuro della sua candidatura e sa di poter contare sulle fila di un “partito ombra” che si estende per tutto l’arco parlamentare: il partito andreottiano. All’alba del quinto scrutinio, Forlani accetta la sconfitta con 299 voti mancanti. Mauro Borghezio (Lega Nord) sarà profetico dicendo che “dentro a quei catafalchi non si votava per il Presidente della Repubblica, si andava a mettere la firma sulla fine della prima repubblica”.  La bomba Forlani è fuori dai giochi, Andreotti comprende che è questo il momento di entrare in scena, sguinzaglia così i suoi fedelissimi a raccogliere voti a destra e a sinistra. Ma le speranze durano poco; alle 17.50 del 23 maggio 1992, in Sicilia scoppia una bomba che fa tremare la penisola da nord a sud; Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta, perdono la vita in un terribile attentato sul tratto autostradale di Capaci, firmato Cosa Nostra. Oltre a fare i conti col magistrato, la mafia manda un messaggio chiaro ai suoi ex-amici a Roma. Andreotti capisce: se non ritira la candidatura al Quirinale, il prossimo nella lista sarà lui. Termina, col posarsi delle macerie, la corsa del “Divo”. Ai funerali di Falcone e Morvillo, a rappresentare le istituzioni, c’è Giovanni Spadolini, (Presidente del Senato) tutti pensano sarà lui il prossimo Presidente della Repubblica, ha già pronto il discorso. La bomba Le cose però vanno diversamente, davanti al parlamento riunito in seduta comune Oscar Luigi Scalfaro (Presidente della Camera) formula una domanda che sconquassa il paese: “Ci si domanda ma è solo mafia questa? Ma non ha anche il marchio atroce e inumano del terrorismo? E perché tutto ciò avviene proprio quando il mondo politico appare debole e sconcertato?”. Questa frase e 672 voti, il 25 maggio 1992, renderanno il magistrato novarese Oscar Luigi Scalfaro il 9° Presidente della Repubblica, nonché primo magistrato a ricoprire questa carica,  toccherà a lui essere il faro nella transizione tra prima e seconda repubblica che sta per aprirsi, perchè come dichiarerà Andreotti: “La prima repubblica è finita e quella che verrà dopo è una nebulosa oscura in cui è pericoloso navigare”. Fonti Storia della DC. 1943-1993: mezzo secolo di Democrazia cristiana di Giorgio galli Podcast romanzo quirinale di Marco Damilano e Chora media. Storia Contemporanea vol.2 Pearson Articoli dell’epoca

I numeri della sanità mentale

Il passato del tabù mentale Nel passato, avere un disordine psichiatrico era motivo di vergogna per chi ne era affetto e per la sua famiglia. Oltretutto, ammettere di avere un disturbo mentale, ti rendeva pericoloso agli occhi delle persone; infatti, era opinione comune che un “matto” potesse far del male a sé stesso e, peggio ancora, a chi gli stava accanto. Ancora oggi questi retaggi continuano ad essere presenti, nonostante siano numerosi gli interventi attuati contro questo fenomeno di stigmatizzazione. Tutto ciò fa sì che le persone non ricorrano all’aiuto e al supporto necessario, da parte di professionisti della salute. Terapie contemporanee, sfide giovanili e covid-19. Oggi sono diverse le terapie messe in atto per ciascuna delle numerose patologie esistenti, che variano per sintomatologia e gravità. È molto frequente, anche tra i giovani, l’insorgenza di disturbi psichiatrici come ansia, depressione, stati di angoscia e agitazione anche cronica che spesso si manifestano con crisi di panico o dipendenze. Nella società di oggi, si è molto più esposti e probabilmente, non sempre si è in grado di gestire le emozioni, sia proprie che altrui. È noto, inoltre, che anche il lockdown e l’isolamento sociale dovuti alla pandemia del coronavirus abbiano influito sul benessere psicologico degli individui. L’incertezza del domani, la chiusura forzata ha incrementato di oltre il 25% i casi di depressione, stress, disturbi dell’umore, del sonno.  I Limiti e le Prospettive del Supporto Finanziario e Governativo Il più delle volte, questi disturbi risultano risolvibili con l’aiuto di un terapeuta, uno psicologo e questi professionisti hanno un costo non sempre accessibile a tutti.  Si attesta che in Italia, tra il 2015 e il 2018, ciò che il governo ha speso per la salute mentale, si aggira intorno al 3,5% del fabbisogno sanitario nazionale; mentre nel 2019, nel periodo precedente alla pandemia, i valori erano del 3%. Nel 2022 il Governo Italiano ha stanziato circa 25milioni di euro nel tentativo di ridurre i danni causati dalla pandemia del coronavirus. Il “bonus psicologo” prevedeva una cifra di 600 euro per sostenere le spese delle sedute terapeutiche. Ciononostante, i fondi non erano sufficienti per coprire le spese di tutte le domande inoltrate; infatti delle 395mila ricevute, sono state accolte solo poche di più di 40mila. Per di più, a seguito di uno studio della commissione UE, si è evidenziato che delle quasi 400mila domande ricevute, ben 300mila provenivano da giovani di età inferiore ai 35 anni. Nel 2023, dopo la Legge di bilancio, i fondi sono raddoppiati con il solo scopo di soddisfare più richieste possibili, ma ciò non è ancora sufficiente. In Europa, l’Italia è uno degli stati che si dedica meno alla salute mentale con il suo 3,4% della spesa sanitaria, a differenza di quei paesi che, invece, vi dedicano più del 10%. Credo che ad oggi, ci si sta muovendo nella maniera più ottimale per poter fronteggiare l’incremento o il peggioramento di disordini mentali, ma è necessario fare di più come ad esempio, aumentare le campagne di sensibilizzazione; incrementare gli interventi già attuati, come appunto, il bonus psicologo; erogare fondi da investire nelle strutture territoriali e nell’aumento del personale sanitario. La salute è un bene fondamentale e non va tralasciato.  Fonti https://www.politichegiovanili.gov.it/comunicazione/news/2022/10/bonuspsicologico/

Analisi sulla criminalità in Italia: un’indagine neutrale sui dati statistici

Indice “Una volta si dormiva con le finestre aperte”, “Questo paese è una giungla”, “Non si può più uscire la sera”; credo che chiunque abbia mai parlato con una persona over 50 ha sentito queste frasi almeno una volta. Personalmente, anche grazie ad una distribuzione delle età alquanto strana all’interno della mia famiglia, mi trovo spesso a sentire affermazione del genere, quindi mi sono chiesto se davvero questo sia il periodo più pericoloso della storia recente (indicativamente dagli anni ‘90, tralasciando per ovvie ragioni periodi come gli anni di piombo o le stragi di mafia) Ho cercato di fare una analisi il più neutrale possibile, basandomi su informazioni provenienti da fonti autorevoli, impegnandomi ad essere il più neutrale possibile nel limite delle mie capacità. Nel caso ci fossero dubbio o contestazioni nell’utilizzo o nell’interpretazione dei dati, vi prego di scriverci in modo da poter discutere e eventualmente correggere questo articolo. Prima di iniziare vi vorrei però mostrare come ho costruito l’articolo e le modalità di classificazione. Siccome stiamo parlando di sicurezza pubblica mi sono concentrato sui reati che sono maggiormente visibili: incomincio parlando di omicidi, crimini che difficilmente passano inosservati, per poi muovermi verso quelli che per loro natura possono essere un po’ più nascosti: rapine, furti di vario genere, estorsioni e altro violenze. Siccome si sta parlando di azioni violente che hanno un certo impatto sull’immediata opinione delle persone, tralascio tutti quei crimini definiti da “colletti bianchi” o che comunque, pur provocando dei danni a livello sociale, non sono immediatamente percepiti come causa di minore sicurezza. In questa categoria rientrano evasione fiscale, corruzione, ma anche traffico di stupefacenti o sfruttamento della prostituzione; tutti reati che sono si dannosi e spesso fonte di altri illeciti, però non immediatamente osservabili e non immediatamente associabili ad una minore sicurezza. Omicidi Decrescita generale del tasso di omicidi. La prima cosa che si nota subito cercando dati riguardo alla criminalità è la decrescita del numero di omicidi volontari; questo dato pur apparendo banale ci dà immediata e non troppo influenzabile indicazione sulla sicurezza in Italia. Credo che il numero di omicidi sia un dato più veritiero rispetto agli altri, perché a differenza degli altri crimini è meno suscettibile alla decisione della vittima di denunciare o meno: una volte che si trova il cadavere non si può non denunciarlo come omicidio, mentre negli altri casi, se non c’è la segnalazione da parte di qualcuno, non lo si calcola come reato. Vittime di omicidio per 100.000 abitanti nei paesi del G7 dal 2000 al 2020, per paese. Anche confrontando il rapporto con l’estero il tasso di omicidi rimane uno tra i più bassi tra i paesi sviluppati, anche al di sotto di paesi che hanno uno standard di vita e una qualità della vita migliore. Statistics Denmark. (February 23, 2023). Number of reported homicides in Denmark from 2012 to 2022 [Graph]. In Statista. Retrieved September 10, 2023, from https://www.statista.com/statistics/576114/number-of-homicides-in-denmark/ . In questo grafico ho confrontato il tasso di omicidi ogni 100.000 abitanti di Italia e Danimarca, un paese che da tempo viene considerato uno dei più felici al mondo e con un’ottima qualità della vita. Il tasso di omicidi rimane comunque significativamente più basso in Italia. Crime Index by Country 2019 – https://www.numbeo.com/crime/rankings_by_country.jsp?title=2019 Questo è un grafico a dispersione che mette in relazione i dati relativi al tasso di criminalità e al tasso di omicidi nel 2019. Il tasso di criminalità misura il numero di reati denunciati pro capite, quindi per forza di cose i due dati non sono indipendenti, siccome il numero di omicidi va ad influenzare il dato del tasso di criminalità. Il confronto tra diversi paesi potrebbe essere problematico, in quanto ci sono delle differenze nella propensione a riferire un illecito e se si considera un certo comportamento come reato o meno. Il grafico è comunque parecchio interessante, perché mostra come l’Italia abbia un tasso di omicidi basso, ma un tasso di criminalità relativamente alto, soprattutto se si considera che, forse, la propensione a denunciare i soprusi è minore che in altri stati simili. Bisogna poi considerare che non viene fatta una distinzione della gravità dell’illecito penale, che comunque ha una capacità diversa di influenzare la percezione dei cittadini. Le Statistiche di criminalità e i loro problemi. Prima di continuare è giusto soffermarci qualche secondo per parlare, in maniera magari semplicistica e banale, del funzionamento delle statistiche di criminalità . I dati riguardanti la criminalità si sono iniziati a raccogliere da metà circa dell’800, quando, durante la rivoluzione industriale, le nazioni occidentali hanno avuto i mezzi per raccoglierli e si sono convinti dell’importanza delle statistiche nel guidare le politiche locali e statali. Da allora si sono prodotti svariati indicatori in ambito umano-sociale: misurazioni economiche, indici di sviluppo umano, istruzione e criminalità. Quando si parla di scienze sociali l’attendibilità dei dati è un bel problema, a differenza delle scienze dure i fenomeni appaiono in un ambiente non controllato e multiforme come la società, dove svariati fattori si influenzano a vicenda, condito dal fatto che si stanno studiando gli esseri umani, esseri che possono adottare i più svariati comportamenti. Nel caso delle misurazioni dei reati la situazione diventa ancora più complicata; si sta parlando di contesti dove le punizioni sono spesso pesanti, coperti da stigma sociale, dove ci sono incentivi a mentire e l’interpretazione dei fatti varia da persona a persona. I dati amministrativi. In Italia i dati vengono registrati attraverso l’SDI (sistema di indagine), un database che aggrega le denunce provenienti da tutte le forze di polizia. Le statistiche riportate dall’Sdi, o da qualunque altro sistema come l’UCR (Uniform Crime Report) negli Stati Uniti, hanno delle fallacie intrinseche nel rappresentare il reale numero di crimini commessi in un determinato territorio per due ragioni principali: la presenza di reati che non vengono riconosciuti e la mancata denuncia da parte della vittima. Per quanto riguarda il primo si sta guardando ad una situazione in cui molto probabilmente non vi sono delle vere e proprie vittime e non vengono scoperti. C’è anche da considerare che molti dei