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Quanto ci scommetti?
È difficile immaginare quanto il gioco d’azzardo sia un problema concreto e quotidiano. Etichettiamo come ludopatici chi quotidianamente spende tanto nel gioco, che siano soldi o tempo. Di contro, ci siamo noi che magari compriamo un gratta e vinci al prezzo di un euro con il caffè e siamo sani, perché in fondo “è come aver preso due caffè”. Oppure giocare un paio di schedine ogni fine settimana. “Ero con gli amici, passiamo lì giusto un’oretta”. Ci convinciamo che questi atteggiamenti siano sani, che il gioco vero e la ludopatia siano altri e che tutto questo non sia un problema. In fondo è vero, si tratta di piccoli gesti che in sé non mostrano un problema di dipendenza dal gioco e non sono nemmeno cifre così alte da essere un peso per chiunque. Il punto è questo, simili attività sono totalmente inserite e immerse nella quotidianità che nessuno pensa di vederle come un problema quando iniziano a divenire più intensi. Allora ci si chiede, come mai siamo totalmente anestetizzati alla percezione di un simile problema come tale?
La squadra di casa è sempre favorita
Se tutti giocano e chiunque è un giocatore, perché non può esserlo anche uno sportivo? Il problema sorto con varie inchieste in tutto il mondo è proprio questo, tra gli scommettitori ci sono molti atleti, ma per loro la situazione è più complicata. Oltre alla discutibilità morale del gioco, ai problemi ed a tutto il contorno, le leggi delle varie federazioni sportive impediscono categoricamente la possibilità di gioco per gli atleti sugli eventi dello sport praticato. Per farla breve, un calciatore non potrà scommettere sul calcio, un ciclista sul ciclismo e così via. È facile capire la motivazione del provvedimento: se la partita è una di quelle in cui è previsto che possano scendere, potrebbero semplicemente far verificare l’evento;se invece è quella di un’altra squadra, potrebbero accordarsi in modo da scambiarsi il favore a vicenda e destare meno sospetti. Del resto, questa procedura garantisce una fonte di soldi senza grossi rischi, difatti non esiste nemmeno il brivido della scommessa perché è già scritto che l’evento si verificherà. Per molti la vincita vorrà dire soltanto altri soldi da reinvestire in altre scommesse, stavolta meno sicure, in modo da chiudere il cerchio della ludopatia. Questo meccanismo è ben noto alla criminalità e parleremo più avanti di quanto male ha causato al calcio, e non solo, in Italia.
Breve storia delle combine sportive in italia
Quanto è semplice per uno sportivo imbrogliare in una partita per trarne vantaggio? Risposta da due soldi: tanto, il problema semmai è farlo senza che nessuno se ne accorga. Il primo episodio registrato di corruzione di uno sportivo al fine di ricavare un profitto dalle scommesse risale al 1927, da allora il giro non ha avuto mai interruzione, al massimo si sono verificati momenti in cui gli imbrogli venivano fatti passare in sordina, lontani da sguardi indiscreti.
Le inchieste sportive e gli arresti hanno però inizio dal 1980 quando un giro di calciatori, presidenti di società, imprenditori e la banda della Magliana, misero in campo un sistema per combina di partite per poterci lucrare su. A solo sei anni dopo segue l’inchiesta “Totonero”, nome che fa il verso al legale “Totocalcio”, con cui la procura di Torino smascherò un giro immenso di scommesse sulla serie B che portò a retrocessioni e squalifiche di numerosi professioni coinvolti.
La combina che rimase alla storia come una tra le più evidenti, è quella sulla partita di Coppa Italia del 2000 tra Atalanta e Pistoiese. Per quella partita, le agenzie di scommesse registrarono un numero spropositato della puntata accoppiata “primo tempo 1 – risultato finale X”. Per i meno esperti vuol dire che l’Atalanta doveva vincere nel primo tempo, ma alla fine il risultato sarebbe sempre stato sul pari. L’esito, che puntualmente si verificò come da programma, causò una serie di arresti con conseguenti condanne e squalifiche, o almeno così era nei giorni di tumulto dell’inchiesta. Infatti, circa 10 anni dopo, arrivò la sentenza di assoluzione per tutti i coinvolti. Ciò rese quella combina una vittoria per tutti, dagli artefici dell’imbroglio agli scommettitori possessori delle informazioni in anticipo.
Sarà con “Last Bet”, nel 2011, che si tocca l’apice dalla spirale della combina di eventi sportivi. Nasce infatti in quegli anni un’organizzazione per la manipolazione al fine di lucro delle partite di calcio, sia in Italia che all’estero. L’organizzazione fa capo siano a Singapore con un uomo d’affari di nome TAN SEET ENG che, avvalendosi di una fitta rete di collaboratori suoi connazionali e soggetti di alcuni Paesi dell’Europa dell’Est, avrebbe corrotto i giocatori per indurli a falsare i risultati delle partite. Il terremoto causato dall’emergere degli indagati, in un numero incredibilmente alto, ha per sempre segnato il volto del calcio e la sua onestà.
Se qualcuno pensava che la maggior attenzione dopo questa inchiesta avrebbe fermato le organizzazioni criminali, si sbaglia di grosso. L’ultima inchiesta Calcioscommesse ci mostra infatti un quadro forse ancor più grande del precedente.
Calcioscommesse, il gioco scende in campo
Nel 2023 emerge quella che nel nostro paese ha preso il nome di “Inchiesta Calcioscommesse”, proprio per segnalare il forte coinvolgimento del calcio in questa vicenda. Gli enti internazionali per il controllo dell’integrità e sicurezza dello sport, nel 2023 in tutto il mondo, hanno rilevato come lo sport con il maggior numero di incontri sospetti è il calcio con 880 segnalazioni (il 66% del totale), seguito dal basket con 205 partite. Il ping pong si ferma a quota 70, con il tennis a quota 61 partite. È anche da tenere sotto controllo il costante aumento dei sospetti sulle partite della pallavolo, che fa registrare un +15% rispetto al precedente report, raddoppiando il numero delle segnalazioni. Sul calcio il numero fa impressione, perché emerge come circa 2 partite su 3 siano irregolari, o comunque sospette tali. Gli altri sport invece appaiono più difficili da manipolare o di certo la minor attenzione, rende il flusso di denaro meno importante da poter essere facilmente rilevato.
Di tutte le inchieste che nel corso degli anni si sono susseguite, del quale si è scelto di citarne alcune, solo una ha messo al centro il problema della ludopatia, e di come il gioco abbia serie ripercussioni sulle persone e sugli atleti per i quali questo meccanismo diventa un vero buco in cui si trovano intrappolati.
L’inchiesta Calcioscommesse ha messo al centro gli atleti ed il loro lato umano che li ha portati a voler rischiare il resto della loro carriera in un modo sciocco. I due volti di questa vicenda sono stati Nicolò Fagioli e Sandro Tonali. Il primo ha collaborato e la dichiarazione di colpevolezza gli ha permesso non solo di tornare in campo dopo pochi mesi, ma anche di guadagnarsi il posto in nazionale, cosa che in teoria spetterebbe ai giocatori che hanno avuto il miglior rendimento durante la stagione, che però lui non ha svolto. Tonali invece ha dovuto subire una scommessa più lunga per via dell’aver scommesso sia su sé stesso che sul Milan, squadra in cui giocava.
Per entrambi, se da un lato la macchina della giustizia sportiva si è attivata in modo puntuale deciso, è quasi passata in secondo piano la questione alla luce della motivazione per cui sono stati spinti a fare simili gesti: la ludopatia.
Il gioco in Italia
Il problema della ludopatia è una questione ben nota allo stato, sia a livello economico che di ricaduta sociale, anche se quest’ultima è spesso ignorata. La prova dell’indifferenza dello stato è scritta chiaramente nel Libro Blu dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli secondo cui nel 2021 gli italiani hanno speso 111 miliardi di euro nel gioco, cifra che sale a 136 miliardi nel 2022. Questa cifra diventa ancor più grave se la si paragona alla spesa sanitaria (128 miliardi), quella educativa (52 miliardi) e la somma dei bilanci di tutti i comuni italiani (77 miliardi). Chiaramente ci sono dei benefici da parte dello stato a non voler porre rimedio a questa situazione. Il gioco legale è gestito interamente dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e gli incassi delle tasse applicate sul gioco rappresentando il 36,20 per cento del gettito erariale dello Stato. In pratica perché lo stato dovrebbe provare seriamente a ostacolare il problema del gioco se ci guadagna così tanto?
Appare chiaro che nonostante periodicamente scoppi l’inchiesta in un particolare settore, a cui seguono campagne e proclami da tutti i lati per fermare il dilagare di questa epidemia, si arriverà sempre puntuali ad un nulla di fatto. Non tutti sono fortunati come gli sportivi, che sebbene tutto quello che gli accade e le perdite ingenti, si trovano circondati da persone pronte ad aiutarli ad uscire da questo circolo. La maggior parte delle persone sono abbandonate a loro stesse. La noncuranza verso un problema simile, ha causato per migliaia di persone la perdita di tutti i loro averi, arrivando in alcuni casi al suicidio. L’augurio è sempre quello che la mobilitazione innescata a valle di un caso che fa notizia come l’inchiesta calcioscommesse, possa aiutare alcune persone a trovare la forza per uscire da questo buco senza fine.