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Emilia terra di unicorni: il caso Bio-on

Indice

Mentre penso che ognuno di noi abbia almeno una vaga idea di cosa sia accaduto a Parmalat, uno dei più noti casi di frode finanziaria e contabile nella storia aziendale italiana, ritengo che meno conosciuto, ma altrettanto interessante sia il caso Bio-on, l’unicorno emiliano della bioplastica. Le udienze per il caso Bio-on sono tutt’ora in corso, in particolare nell’anno che si è appena concluso è entrato nel vivo il processo a carico del fondatore e presidente Marco Astorri, del suo vice Guido Cicognani e di altri sette, tra dirigenti aziendali e revisori dei conti, accusati di diversi reati, tra cui bancarotta fraudolenta impropria, distrazione, manipolazione del mercato e tentato ricorso abusivo al credito. Prima però di avventurarsi nelle cause che hanno portato a tale epilogo e al motivo per cui il caso venga ad oggi associato a quello più noto dell’industria casearia, reputo necessario ripercorrere la storia del primo “unicorno” emiliano.

La storia

Era il 2006, quando Marco Astorri, grafico pubblicitario, gestendo una fornitura di skypass sulle Dolomiti, si trova di fronte a una sfida inaspettata. Il problema, sebbene apparentemente semplice, era insormontabile: cercare un materiale biodegradabile adatto per gli skypass, ma che non fosse né plastica, per non inquinare le piste, né carta, che bagnandosi avrebbe compromesso il corretto funzionamento del dispositivo. Dopo notti insonni a cercare possibili soluzioni e l’aver attraversato l’oceano per acquistare i brevetti ad Honolulu, Bio-on nasce nel 2007 come intellectual property company, avente sede a Bologna, con l’obiettivo, per far fronte al problema dell’inquinamento da plastica, di riuscire a produrre a livello industriale il Pha, che fa parte della famiglia delle c.d. bioplastiche. Nel 2014 la start-up si quotò in borsa sul listino AIM e nel corso del 2018, il valore del titolo registrò un repentino aumento, passando da 31 a 71 euro entro la fine di luglio e portando la capitalizzazione di mercato oltre il miliardo di euro.

Bio-on diventò così l’unicorno delle bioplastiche e per circa un anno il valore nominale si mantenne stabile, ma a seguito delle accuse avanzate dal fondo americano Quintessential, il titolo crollò inesorabilmente. Nel video-denuncia, infatti, Gabriele Greco, rappresentante del fondo, accusò la società emiliana di essere una “grande bolla basata su tecnologia improbabile, con crediti e fatturato simulati”. In aggiunta, il fatto che Bio-On non avesse ancora effettivamente prodotto o venduto quasi nulla ulteriormente compromise la già precaria situazione finanziaria. Nonostante l’aumento del valore del titolo, infatti, il prodotto di Bio-on aveva dimostrato di non essere adatto alla produzione su scala industriale a causa degli elevati costi di fabbricazione, che avrebbero inevitabilmente influito sul prezzo finale, compromettendo la competitività del prodotto. Inoltre, dopo le accuse emerse che le tecnologie e i brevetti alla base del prodotto risalivano addirittura al 1926; erano perciò obsolete e di efficacia discutibile. Le dichiarazioni di Quintessential, nonostante fosse esplicitato che il fondo avesse un interesse economico nella caduta delle azioni, ebbero ovviamente un impatto significativo sul mercato, causando la perdita di oltre 700 milioni di capitalizzazione e portando la Consob a sospendere il titolo dalle contrattazioni. In breve tempo questo subì una diminuzione dell’82% del suo valore di mercato, i ricavi crollarono, e poco dopo, quando le perdite superarono i 10 milioni di euro il titolo venne definitivamente sospeso dalla contrattazione. La rilevazione di potenziali illeciti contabili ha determinato l’avvio di un’azione di accertamento promossa d’ufficio dal Tribunale di Bologna, e a seguito dell’indagine svolta dalla Guardia di Finanza si è evidenziata una serie di operazioni societarie tese esclusivamente a creare entità fittizie, note come “scatole vuote“, con lo scopo di legittimare transazioni interne al gruppo societario, come l’acquisto di licenze, a favore della casa madre. Parallelamente, si è riscontrata una strategia di alterazione dei dati contabili mirata a far apparire come raggiunti gli obiettivi aziendali e finanziari. L’obiettivo finale di tali manovre, originariamente riconducibili a finanza straordinaria e poi tradotte in termini contabili, era di sostenere il valore azionario di Bio-on. Il 20 dicembre 2019 è stata dichiarata la bancarotta di Bio-On e, come annunciato dal Tribunale Fallimentare, tutti gli asset di Bio-On, compreso il sito produttivo di Castel San Pietro Terme, il portafoglio di brevetti e marchi, le partecipazioni azionarie, la tecnologia fermentativa, i beni mobili, le attrezzature e le scorte di magazzino, sono stati messi all’asta in un unico lotto per essere poi rilevati da Haruki S.p.A .

Plastic Bubble e Parmalat

La vicenda “Plastic bubble” viene, come anticipato, spesso accostata al caso Parmalat; non a caso lo stesso video-denuncia di Greco si intitola “Bio-on S.p.A.: Una Parmalat a Bologna?”. Alcune similitudini si possono riscontrare fin da subito dopo la quotazione, in modo simile a quanto accaduto con Bio-On, Parmalat ha adottato una strategia di crescita basata su acquisizioni internazionali, finanziando prevalentemente queste operazioni attraverso l’emissione di obbligazioni sul mercato. Tuttavia, le acquisizioni effettuate erano solo marginalmente correlate con l’attività principale di Parmalat e contribuivano in modo limitato alla sua espansione. Spesso coinvolgevano imprese di grandi dimensioni in difficoltà, che aumentavano il fatturato del Gruppo, ma al contempo amplificavano le perdite operative, occultate attraverso la sistematica manipolazione dei bilanci. Come osservato sia in Parmalat che in Bio-On, la dirigenza aziendale ha adottato una pratica di creazione di “scatole vuote” o imprese “operativamente improduttive” per presentare una percezione distorta di crescita ed efficienza. Nonostante l’annuncio di ambiziosi progetti e partnership con aziende multinazionali, come IKEA,o all’avanguardia nella ricerca nel periodo 2015-2019, Bio-On non ha registrato progressi significativi. L’obiettivo sembrava concentrarsi principalmente sulla creazione di società affiliate con contratti di licenza per la propria tecnologia, generando entrate principalmente attraverso operazioni interne al gruppo. In analogia a Bio-On, Parmalat, prima del suo default, ha continuato a contrarre consistenti operazioni di debito quasi mensili, con importi superiori a cento milioni di euro, comportando elevati costi in termini di commissioni e interessi. L’indebitamento è così cresciuto in modo esponenziale dal 1990 al 2003. Le distrazioni di rilevanza erano finalizzate a coprire debiti personali, sostenere aumenti di capitale per mantenere il controllo sulla società quotata e fornire supporto alle società affiliate nel settore turistico, evitandone il fallimento, anche se
tecnicamente erano in default almeno dal 1997. 

Come tutelarsi ?

Quando si verificano eventi finanziari di questo genere viene sempre da chiedersi quanto effettivamente il fallimento fosse prevedibile. Col senno di poi è sempre facile parlare, ma visto che dalla storia si possono ricavare insegnamenti il fallimento di Bio-On può fungere da banco di prova per valutare alcuni indicatori predittivi comunemente utilizzati nell’analisi finanziaria. Questi indicatori mirano a verificare l’autenticità delle dichiarazioni finanziarie di una società e a valutare il rischio di fallimento e dovrebbero essere impiegati in modo proattivo dagli investitori per guidare e mitigare il rischio nelle loro decisioni di investimento. Tra gli strumenti più diffusi ci sono l’analisi orizzontale e verticale dei dati di bilancio, dove la prima indica lo studio delle variazioni dei dati finanziari in un tempo solitamente piuttosto lungo mentre la seconda si concentra sullo studio della composizione finanziaria di un’azienda in un dato momento, generalmente in un anno specifico. Possono inoltre essere utilizzati degli indicatori di attività per verificare la rapidità di riscossione dei crediti o dei pagamenti ( DSO e DPO) oppure il tempo medio necessario per convertire l’inventario in vendite (DSI). In particolare il CCC può essere particolarmente utile in quanto è la risultante della combinazione tra DSO, DPO e DSI per fornire una misura complessiva del tempo necessario per convertire le risorse investite in contanti. Un CCC più basso è generalmente preferibile in quanto implica che l’azienda sta convertendo le risorse in contanti più rapidamente. Un CCC più alto, al contrario, potrebbe essere sinonimo di inefficienze operative o problemi di liquidità. Infine si possono considerare anche gli indicatori di liquidità, come il Current ratio e il Quick ratio, in quanto forniscono informazioni sul livello di liquidità e sulla solvibilità di un’azienda. Inoltre, vengono spesso utilizzati multi-indici come l’M-score, lo Z-score e lo Sloan ratio, per valutare la probabilità di insolvenza o la manipolazione dei risultati finanziari da parte di un’azienda. Sono spesso utilizzati per identificare potenziali problemi finanziari o anomalie nelle dichiarazioni finanziarie di un’azienda. Rispondendo alla domanda iniziale quindi solo l’impiego consapevole di tali strumenti può fornire agli investitori una prospettiva più informata e una maggiore capacità di valutare la solidità finanziaria e la stabilità di una società, contribuendo così a prendere decisioni d’investimento più oculate e consapevoli dei rischi.

Note:
  • In ambito finanziario, il termine “unicorno” si riferisce a una startup che ha raggiunto una valutazione di mercato di almeno 1 miliardo di dollari prima di essere quotata in borsa.
  • Intellectual property company: Società che si concentra principalmente sulla gestione, commercializzazione e difesa dei diritti di proprietà intellettuale.
  • Hakuki S.p.A: società controllata al 75% da MAIP Compounding e al 25% da Plastotecnica, entrambe società appartenenti al Gruppo MAIP.

  •  Plastic Bubble:
    indagine su Bio-On, denominata così come esplicito riferimento al prodotto
    principale dell’azienda, la bioplastica, suggerendo anche la possibilità che
    dietro a Bio-On possa celarsi una speculazione finanziaria esagerata.
  •  Quintessential on Bio-on S.p.A.: Una Parmalat a Bologna?

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