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1992, la fine di un’era

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Capita, ascoltando il dibattito politico, di veder affiorare vecchie nostalgie riguardo la prima repubblica: è un classico sintomo della classe politica italiana, revisionare il passato per giustificare i propri errori. Ma  com’è avvenuta la transizione tra prima e seconda repubblica? E come facciamo a capire quando una repubblica finisce? Forse è meglio iniziare dalla seconda domanda. Anzitutto, le convenzioni “prima” e “seconda” repubblica sono per lo più giornalistiche e aiutano ad indicare di quale classe politica stiamo parlando con precisione; solitamente si parla di “cambio di repubblica” quando avvenimenti eclatanti scuotono i palazzi del potere politico italiano fino a cambiarne le fondamenta.

Le prime scosse

Il 5 aprile 1992 il Corriere della Sera tuona in prima pagina: TERREMOTO! L’ITALIA PROTESTA ELEZIONI TERREMOTO! Per la prima volta dal 1948, la Democrazia Cristiana perde 2 punti percentuali e la crescita del Partito Socialista Italiano si ferma; da questi sconcertanti declini trae profitto il nuovo partito di Umberto Bossi, la Lega Nord e, nel frattempo, tutti i giornali parlano già di stagione dell’ingovernabilità, dati i disastrosi risultati elettorali. Nel frattempo il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga si dimette con 2 mesi di anticipo dalla fine del suo mandato. Tutto questo tumulto a Roma ha una spiegazione precisa e per capirne le cause dobbiamo spostarci a Milano, dove da mesi gli occhi e le orecchie degli italiani sono puntati sull’indagine “Mani Pulite”, con cui il sostituto procuratore Antonio Di Pietro e il suo pool stanno sgominando un racket di imprenditori e dirigenti di partito che, col loro sistema di tangenti, stanno massacrando l’apparato economico ed edilizio di una città; tra gli indagati figurano nomi eccellenti come Aldo Forlani, all’epoca segretario della DC, e Bettino Craxi, segretario del PSI.

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In questo clima di disordine politico, l’11 maggio 1992, inizia a Roma, il grande ballo della Repubblica Italiana, l’elezione del 9° Presidente della Repubblica

Il gotha DC si riunisce a Palazzo Sturzo per scegliere il candidato da presentare: al tavolo delle decisioni siedono Forlani, De Mita, Gava, Mancino e, ovviamente, Andreotti. Nel 1992 il divo Giulio è a capo del suo settimo governo; è il purosangue della politica italiana e, all’età di 73 anni, è appena stato nominato senatore a vita, ma viene da un periodo politico complesso. Ha appena dovuto firmare il decreto scritto da Giovanni Falcone che riporta dietro le sbarre i boss di mafia scarcerati per “decorrenza dei termini”; in più, gravano sul destino del giudice le centinaia di condanne ai danni della mafia, proclamate il 30 gennaio, dal maxiprocesso a cosa nostra. Di tutta risposta alla firma del decreto il 12 marzo ‘92, la mafia crivella di colpi Salvo Lima uomo chiave della corrente andreottiana in Sicilia. 

Andreotti prende nota, sa che l’unica carica che manca alla sua collezione è quella al Quirinale; infatti, tramite ufficiose agenzie che circolano nei palazzi, si viene a sapere che Andreotti si starebbe muovendo come uomo per tutte le stagioni.  

A questo punto, è bagarre interna alla DC tra Forlani e Andreotti: entrambi sanno che è l’ultima possibilità per ambire a questa carica ed il partito sceglie di spingere sulla candidatura del  segretario Forlani anziché sostenere Andreotti.

È il primo giorno di votazioni, per la prima volta nella storia repubblicana i grandi elettori voteranno all’interno di catafalchi. Scalfaro (Presidente della Camera) inizia la chiama e l’unico nome degno di nota in questa giornata è quello di Di Pietro, che viene votato più volte ma è ineleggibile perché non ancora cinquantenne. Ma un’altra figura che esce allo scoperto è quella dei franchi tiratori che sono fondamentali in questa elezione. 

A fine giornata all’interno della DC è guerra aperta tra Forlani e Andreotti, che è ancora sicuro della sua candidatura e sa di poter contare sulle fila di un “partito ombra” che si estende per tutto l’arco parlamentare: il partito andreottiano. All’alba del quinto scrutinio, Forlani accetta la sconfitta con 299 voti mancanti. Mauro Borghezio (Lega Nord) sarà profetico dicendo che “dentro a quei catafalchi non si votava per il Presidente della Repubblica, si andava a mettere la firma sulla fine della prima repubblica”. 

La bomba

Forlani è fuori dai giochi, Andreotti comprende che è questo il momento di entrare in scena, sguinzaglia così i suoi fedelissimi a raccogliere voti a destra e a sinistra. Ma le speranze durano poco; alle 17.50 del 23 maggio 1992, in Sicilia scoppia una bomba che fa tremare la penisola da nord a sud; Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta, perdono la vita in un terribile attentato sul tratto autostradale di Capaci, firmato Cosa Nostra. Oltre a fare i conti col magistrato, la mafia manda un messaggio chiaro ai suoi ex-amici a Roma. Andreotti capisce: se non ritira la candidatura al Quirinale, il prossimo nella lista sarà lui. Termina, col posarsi delle macerie, la corsa del “Divo”.

Ai funerali di Falcone e Morvillo, a rappresentare le istituzioni, c’è Giovanni Spadolini, (Presidente del Senato) tutti pensano sarà lui il prossimo Presidente della Repubblica, ha già pronto il discorso.

La bomba

Le cose però vanno diversamente, davanti al parlamento riunito in seduta comune Oscar Luigi Scalfaro (Presidente della Camera) formula una domanda che sconquassa il paese: “Ci si domanda ma è solo mafia questa? Ma non ha anche il marchio atroce e inumano del terrorismo? E perché tutto ciò avviene proprio quando il mondo politico appare debole e sconcertato?”. Questa frase e 672 voti, il 25 maggio 1992, renderanno il magistrato novarese Oscar Luigi Scalfaro il 9° Presidente della Repubblica, nonché primo magistrato a ricoprire questa carica,  toccherà a lui essere il faro nella transizione tra prima e seconda repubblica che sta per aprirsi, perchè come dichiarerà Andreotti: “La prima repubblica è finita e quella che verrà dopo è una nebulosa oscura in cui è pericoloso navigare”.

Fonti

Storia della DC. 1943-1993: mezzo secolo di Democrazia cristiana di Giorgio galli

Podcast romanzo quirinale di Marco Damilano e Chora media.

Storia Contemporanea vol.2 Pearson

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