Il costo del tempo.
Indice Esistere, dal latino existere, significa letteralmente “uscire da”. Vuol dire dunque, almeno secondo il dizionario, uscire dalla zona dell’indeterminato, darsi una forma ed una propria identità. Tuttavia, però per far questo è necessario compiere una serie di scelte continue. Sono le scelte che realizziamo, che portiamo avanti quotidianamente che definiscono le persone che siamo, o meglio, che scegliamo di essere. Ecco perché la possibilità di scegliere ed il libero arbitrio sono tra le principali cifre connotative del nostro essere umani. Ogni giorno la nostra vita è costellata da decisioni da prendere dalle più irrilevanti, come scegliere tra cappuccino o espresso, a quelle più importanti, che segnano radicalmente la nostra vita. Tuttavia, queste scelte portano come conseguenza, in modo inevitabile, incertezze e paure a riguardo. Ma perché è così difficile scegliere? Porsi domande è generalmente facile, farsi le domande giuste un po’ meno, ma è il trovare risposte che è proprio difficile. Questo a causa dell’assenza di certezze. Da qui nasce l’angoscia, il dubbio, sentimento naturale di tutti quanti, inevitabile in quanto, come abbiamo detto sopra, la vita è strutturalmente composta da scelte. È la sintesi, in soldoni, se hai reminiscenze, della filosofia di Kierkegaard. La vita è in realtà un continuo AUT-AUT: un continuo flusso di scelte. Ma chiudiamo questo excursus di filosofia e torniamo ai nostri amati investimenti. Gli investimenti non fanno eccezione a ciò che abbiamo detto: la scelta è un elemento centrale e fondante dell’investimento stesso. A partire dalla scelta dello strumento più adatto, al broker con cui investire, al momento in cui entrare, ai modi con cui incrementare il capitale, alle strategie… e si potrebbe andare avanti all’infinito. A tutte queste domande, seppur non esistenziali, non c’è una risposta necessariamente migliore delle altre e giusta universalmente. Ritorna quindi il discorso che facevamo in apertura: il fatto che non ci siano certezze fisse ci rende il mondo degli investimenti talvolta angosciante e difficile, soprattutto al primo impatto. L’investimento di per sé è una scelta su un qualcosa di incerto, su cui abbiamo evidenze statistiche, ma non certezze. Anzi chi ha certezze in finanza, solitamente, mente. Ma devo davvero investire? Ma partiamo dalla domanda originale, quella che viene prima di tutto: devo investire sì o no? Per quanto potrà sembrare strano la risposta è un po’ controintuitiva: in realtà questa scelta non esiste. Piuttosto, la corretta domanda che dovresti porti è: tengo tutto in liquidità o voglio gestire il mio capitale in altri modi? Esatto. Questo perché in realtà siamo tutti investitori, ma proprio tutti, anche chi non investe nel senso letterale del termine. Infatti, quando non compri strumenti finanziari o investi in altro modo in altri progetti, stai comunque investendo. Ti dici: “Ho risparmiato un poco, però non voglio investire, che poi magari perdo e poi comunque è un onere, un impegno”. Anche quando pensi di non star facendo nulla con il tuo patrimonio: in realtà stai investendo proprio senza far nulla. Più esattamente stai, più o meno consciamente, investendo in liquidità. Questo rende di fatto il non investire una scelta d’investimento vera e propria. Passami il gioco di parole ma, scegliere di non scegliere è una scelta e spoiler: è una delle scelte finanziarie peggioriche si possano fare. Perché dico questo? Appurato che scegliendo di non investire in realtà si investe il 100% del proprio patrimonio in liquidità, esattamente come qualsiasi altro asset, anche la liquidità subisce delle fluttuazioni di valore, in un modo, però, logicamente meno immediato. Per effetto dell’inflazione, infatti, anche se non ce ne accorgiamo poiché il valore nominale resta invariato nel tempo, il valore reale della liquidità che possediamo subisce delle fluttuazioni di valore reale. Quindi se con gli investimenti giustamente curati e con una corretta strategia di portafoglio è possibile ottimizzare le performance, annullare l’effetto dell’inflazione e portare anche eventuali profitti a casa, con la liquidità è sicuro al 100% che perderai denaro. Chi farebbe un investimento in cui c’è il 100% di possibilità di perdere? Sicuramente non un grande statista o per meglio dire un folle. Ecco a conti fatti se stai tenendo il 100% del tuo patrimonio in liquidità ti stai comportando esattamente da folle. L’effetto dell’inflazione. Come puoi ben vedere dal grafico: dal 2000 al 2019 non investendo 100.000 euro, dopo 20 anni si avrebbe avuto una perdita di 28.284,35 mila euro in termini di valore d’acquisto. Ovvero 100.000 euro sarebbero stati sempre 100.000 a valore nominale, ma di fatto avresti potuto comprare molto meno cose. Questo è l’effetto dell’inflazione sui nostri patrimoni. Se prendessimo i dati dal 1970 avremmo avuto un rendimento del nostro patrimonio in liquidità addirittura del -97%. Follia pura. Quando ci approcciamo agli investimenti allora quello che ci dovrebbe preoccupare non sono tanto le possibili minusvalenze che potrebbe fare il nostro portfolio durante le normali fluttuazioni di mercato, ma piuttosto i costi che stiamo sostenendo quando non stiamo investendo. Costi che possiamo dividere in due categorie: una costi legati all’inflazione, come abbiamo visto prima, e i cosiddetti costi opportunità. Che cosa sono i costi opportunità? Il costo opportunità in economia è il costo derivante dal mancato sfruttamento di un’opportunità, è la perdita derivante dalla potenziale rendita o beneficio che avremmo potuto trarre dalla strada non percorsa. È molto più semplice da spiegare con un esempio. Quando decidi di guardare la solita serie Netflix hai un costo di tempo dovuto alla spesa di tempo che devi impiegare per guardare, ma inoltre hai anche dei costi opportunità legati al fatto che al posto di guardare la tv, potresti leggere qualcosa sempre di piacevole, ma di formativo, come un bel libro. Tornando a noi il senso è proprio questo: se scegli di fare A stai anche rinunciando a fare B, C e D, ma se questi B, C e D ti darebbero un rendimento maggiore di quello che ti sta dando A allora tu sei in perdita. Se non stai investendo hai dei costi legati sì all’inflazione, ma contemporaneamente hai dei costi opportunità in quanto stai perdendo un ammontare di soldi del controvalore della potenziale rendita che avrebbero potuto fruttare il tuo capitale investito. Appurato che non investire porta sempre delle perdite. Quantifichiamo le perdite derivate dal non investire. Parliamo di numeri. Ipotizziamo un lasso di tempo di una
I 3 pilastri dell’Analisi Tecnica.
Indice Prima di avviare lo studio delle metodologie e degli strumenti impiegati nell’analisi tecnica dei mercati finanziari è necessario definire e discutere le premesse di pensiero su cui tale analisi è basata. Questo per distinguerla dall’altre tipologie di analisi e capire cosa si possa ottenere con il suo utilizzo e come poterlo inserire nella nostra routine di analisi. Andiamo quindi a definire i fondamenti logici e filosofici su cui si basano le sue potenzialità. Userò un vocaboli tecnici per abituarti alla corretta terminologia, ma non preoccuparti, perché subito sotto ti metterò la spiegazione dei concetti a parole umane. L’analisi tecnica e i suoi obbiettivi. L’analisi tecnica è un tipo di analisi che consiste nello studio dell’andamento passato dei prezzi dei vari asset finanziari al fine di prevedere quelli che saranno i movimenti futuri. Più in particolare: l’analisi tecnica è lo studio della market action tramite l’uso sistematico dei grafici, allo scopo di prevedere le tendenze future dei prezzi. John J. Murphy Con il termine market action includiamo le tre principali fonti di informazioni disponibili di un analista tecnico: prezzo, volume e open interest. Questi tre concetti li approfondiremo nelle sezioni successive, ma intanto ti do una rapida spiegazione per capire di che cosa stiamo parlando. Volume = ammontare totale degli scambi fatti nel mercato scelto, nel periodo di tempo stabilito.Open interest = numero di contratti derivati non ancora chiusi al momento stabilito. In altre parole è la somma di tutte le posizioni long e short ancora aperte. L’analisi tecnica è perciò un approccio analitico, basato su principi statistici e su altri assunti che permettono nel loro insieme di individuare i migliori market timing. Ovvero per capire quali sono i momenti migliori per entrare o uscire dal mercato. I pilastri cardine dell’analisi tecnica. L’analisi tecnica si basa su tre principi fondamentali: #1: Il mercato sconta tutto. Principio #1: Il mercato sconta tutto. Secondo un’analista tecnico, infatti, all’interno del prezzo di un asset siano già incorporati anche tutti i fattori non meramente finanziari. Questi fattori di cui parlo sono quelli di tipo fondamentale e possono essere: particolari circostanze geopolitiche, voci più o meno veritiere su acquisti e cessioni di società e persino eventi politici come le elezioni. L’analisi fondamentale, che appunto, è basata sullo studio delle forze economiche che creano domanda e offerta, studiano di fatto la causa dei movimenti nei mercati finanziari. Tuttavia un analista tecnico, non si interroga sulla natura e sulle motivazioni di questi eventi fondamentali, poiché presume che le variabili siano talmente tante e che di fatto nessuno sappia esattamente definire le implicazioni che possono conseguire. Ecco perché l’analisi tecnico si concentra sullo studio dei movimenti dei prezzi, non sulle cause, ma sugli effetti. In virtù di questo ragionamento un’analista tecnico andrà a fare un’analisi unicamente del prezzo, perché darà per scontato che se i prezzi stanno salendo per una qualsiasi ragione, la domanda è superiore all’offerta e quindi di conseguenza i fondamentali saranno sicuramente rialzisti e viceversa. Un mio piccolo appunto: per riuscire ad individuare le motivazioni fondamentali di determinati momenti di mercato serve un background di conoscenze di tipo micro e macroeconomico, ma anche di conoscenza generale, attualità geopolitica e culturale, che rende a volte, molto difficile l’indagine delle cause reali. Molto spesso, anche i migliori, riescono a trarre conclusioni solo per contrasto, ovvero quando le motivazioni sono evidenti, ed è anche quando è troppo tardi per il mercato (che si dice sconti tutto anche mesi prima). Sebbene possa sembrare un approccio molto semplicistico, ti consiglio di dargli un’opportunità. Sicuramente un’analisi di tipo tecnico non è assolutamente sufficiente se si vuole comprendere l’andamento dell’economia e far considerazioni di tipo macroeconomico, ma è irreprensibile dal punto di vista statistico nel momento in cui abbiamo intenzione di strutturare una strategia per operare a mercato, sia a lungo che a breve termine. #2: La storia si ripete. Principio #2: La storia si ripete. Questo principio è la base di tutta l’analisi tecnica. Infatti, poiché l’andamento dei prezzi riflette la psicologia di chi investe, è probabile che quanto accaduto sui mercati tenderà ad accadere nuovamente anche in futuro. In altre parole: i prezzi sono il risultato della somma della psicologia umana, che indirizza la fiducia nel mercato e quindi ne determina la domanda e l’offerta. Solitamente non avvengono cambiamenti radicali e repentini nella psicologia, ma solo di tipo minimo e nel lunghissimo periodo, se non a fronte di shock singolari, come ad esempio crisi finanziarie, sono cambiamenti nel breve periodo trascurabili. Ecco perché è statisticamente molto probabile che pattern di prezzo individuati nel passato si ripetano nel futuro. Inoltre, piccola osservazione mia, si dice spesso che l’analisi tecnica è una profezia che si auto avvera. Poiché i grafici sono fruibili a tutti, tutti possono fare analisi tecnica e trovare. Poiché gli strumenti grafici, anche se l’utilizzo e le intuizioni possono essere molto differenti, è comunque molto probabile che più persone facciano le stesse ipotesi, poiché i concetti rimangono sempre gli stessi. Quindi un’analisi prende più valore in proporzione al numero degli operatori che la ipotizzano e aprono operazioni simili. In altre parole una figura, una zona tecnica, acquista maggiore validità nel momento in cui più persone, fanno la stessa tipologia di analisi e quindi psicologicamente attribuiscono valore alla zona individuata. Ovviamente questo discorso è valido nel momento in cui andiamo a parlare di breve periodo, perché sicuramente l’economia, i fattori fondamentali di un economia, sono indirizzate piuttosto dalla politica economica scelta da uno stato, dalle banche, da chi detiene tanta liquidità e non dai retail come me o te. #3: I prezzi si muovono in trend. Principio #3: I prezzi si muovono in trend. Questo principio lo approfondiremo con il supporto dei grafici nelle prossime sezioni. Generalmente si intende con trend un movimento al rialzo o al ribasso, duraturo e continuativo per un certo lasso di tempo. Un esempio: Intanto però inizio a introdurre due concetti: Lo scopo di un analista tecnico è quello di riuscire a identificare un trend sin dall’inizio, per poter operare di conseguenza. Un’osservazione statistica di tipo empirica:
La Prova del Lavoro: Costanza.
Indice Parliamo (anche noi) di Elon Musk. Come se in questi giorni non se ne sentisse abbastanza parlare. È forse uno degli uomini più chiacchierati di questi ultimi anni: fondamentalmente una rockstar. Anche se spero di non vederlo mai vestito come Damiano dei Maneskin. Visto le ultime decisioni che l’imprenditore sudafricano sta prendendo, ci sarebbe davvero tanto di cui parlare. Ma tralasciando il discorso Twitter, di cui sarà interessante vedere gli esiti, è sempre stato un personaggio originale, con una storia singolare, che ha delle idee geniali, ma che ultimamente dice e fa cose discutibili. In particolare, sin dall’inizio della bullrun crypto, Musk si è sempre proposto un po’ come padrino, come portabandiera, della blockchain. Prometto che in questo articolo non troverai un discorso da investitore boomer sulle cripto. Piuttosto una mia riflessione sulla tendenza, molto umana, alla ricerca della via più breve, più semplice, della scorciatoia a discapito del saper riconoscere e perseguire il valore reale. Tornando ad Elon Musk ricordo con molta simpatia, all’inizio di quest’anno, la campagna che permetteva il pagamento in dogecoin di alcuni prodotti tesla. (Sono andata a controllare, sono ancora accettati.) Doge è una memecoin, ovvero un token digitale nato per scherzo, inizialmente senza un progetto di alcun tipo. Nonostante questo, nell’arco di 5 mesi dall’inizio della bullrun crypto, DOGE ha fatto la bellezza del 42090%. Numeri folli: dal valore millesimi di centesimo fino a sfiorare gli 0.80$. Quotazione che poi, come puoi vedere dal grafico, è stata riassorbito velocemente. Movimenti come questi, sono stati caratterizzanti anche di altre criptovalute, magari di minor portata, ma sempre realizzando dei numeri che a noi potrebbero sembrare da capogiro. È anche grazie tali a meccanismi che in questi due anni si sentiva quasi periodicamente parlare del giovanissimo milionario che aveva fatto fortuna con le crypto o magari ti ritrovavi a cene e feste dove il conoscente che seguendo il tal guru, senza alcuna preparazione e senza mai aver investito in altro, aveva fatto un 10x sul capitale. Dopo tanti anni che risparmi e investi diligentemente, per quanto irrazionale, ti rode un po’ vederti superare, almeno sulla carta, dall’ultimo arrivato. Pensi di non essere stato abbastanza bravo, abbastanza sul pezzo. Magari sotto sotto persino ti penti di esser rimasto sui tuoi passi e non aver seguito il trend del momento. Quando vediamo persone che fanno un sacco di soldi che di solito non fanno un sacco di soldi, anche se razionalmente sappiamo che c’è qualcosa che non va, siamo tentati. Inconsciamente forse vorremmo che funzionasse, che esistesse una via più facile, semplice, veloce per raggiungere i nostri obbiettivi. Entropia della ricchezza. Esiste una legge fisica naturale per la quale ogni cosa nell’universo tende alla massima entropia. L’entropia è il grado di equilibrio di un sistema o in altre parole meno cervellotiche: tutto tende all’equilibrio. Quindi fortunatamente, o meglio sfortunatamente per tanti, l’equilibrio si ristabilisce sempre anche nei mercati finanziari. Quando ci sono delle anomalie, il sistema torna poi verso il suo equilibrio di lungo periodo. Quando scoppiano le bolle, si dice che “il mercato sale con le scale e scende con l’ascensore”. La situazione delle cripto al momento la conosciamo tutti e possiamo riassumerla citando scherzosamente un film: “Profondo rosso”. Ma non è su questo che voglio infierire. Anche perché avendo investito in prima persona, mi tirerei la zappa sui piedi. Piuttosto il mondo cripto sembrava il mondo dalle nuove mille opportunità. Da molti visti come la promessa di far soldi con poca fatica, seguire poche dritte e ottenere profitti pazzeschi. Ha dato il via ad una spasmodica ricerca, più o meno conscia, della strada più facile, della scorciatoia, imbellettandola con seducenti promesse di tecnologie all’avanguardia. Tuttavia, come abbiamo visto, le crypto non sono state il cavallo fortunato, se non per pochi. Quindi ti voglio dare delle altre via per diventare ricco senza lavorare. Le metodologie che mi vengono in mente sono essenzialmente 3: Vincere alla lotteria o simili Diventare eredi di una fortuna, meglio se senza fratelli con cui dividere Sposarsi con un partner molto ricco A discapito del mio tono, che ti potrà sembrare ironico e irriverente, questi tre sopracitati sono davvero gli unici modi reali per diventare ricchi senza lavorare con impegno. Se ci pensi non sono nemmeno così infattibili. Tuttavia, oltre ad avere molte criticità, c’è un problema di fondo che li accomuna: nessuno di questi modi sono dipendenti interamente dalla tua singola volontà, ma sono estremamente legati a delle variabili randomiche. Vuoi davvero affidare la tua situazione finanziaria alla fortuna? Se desideri diventare ricco e con quella ricchezza realizzare i tuoi obiettivi, allora è importante che tu prenda in mano il controllo della tua vita finanziaria. Tornando al discorso cripto, andare alla ricerca dei cosiddetti pump, ovvero le esplosioni verticali di prezzo tipici delle coin a bassa capitalizzazione è esattamente come vincere alla lotteria, ma più adrenalinico, come in un videogame. È ciò che farebbe un opportunity seeker, in gergo coloro che sono sempre alla ricerca dell’ultima tendenza per poterla sfruttare. Non che ci sia nulla di male in tutto ciò, ma saper prendere dei rischi di tipo più speculativo è una professione vera e propria ed è sicuramente una figura ben lontana da quella di un investitore. C’è poi un secondo problema, più nascosto: una volta acquisita (e non accumulata) la ricchezza sei sicuro di riuscire a mantenerla? In tutti e tre i casi passeresti dalla tua situazione attuale a essere “x” volte più ricco tutto d’un colpo e non grazie ad un processo di accumulo avvenuto nel tempo. Una ricerca sul Mental accounting del premio Nobel per l’economia Richard Thaler dimostra che la propensione al rischio cambia completamente in funzione della fonte da cui proviene il denaro. Ovvero la nostra mente distingue tra i soldi guadagnati col “sudore della fronte” e i guadagni piovuti dal cielo. I primi sono da spendere in modo oculato. I guadagni facili, invece, possono essere usati per investimenti folli, acquisti pazzi e spese illogiche. Questo è uno dei motivi per cui, come confermato dallo studio
Lazy Portfolio.
Indice Come investire con una minima volatilità e meno incertezza? In realtà non c’è una risposta univoca e precisa a questa domanda, né una verità assoluta, anzi! Sì, certamente ci sono asset che hanno queste caratteristiche, ovvero meno volatilità e incertezza, ma questo più in teoria che in pratica. La risposta a questa domanda, infatti, non sta tanto negli asset class che scegliamo, ma piuttosto nella strategia che utilizziamo. I Lazy Portfolio A tal proposito, oggi parliamo di lazy portfolio. Argomento che interessa a tanti, soprattutto in un momento come questo: con tanta volatilità. Alcuni dei lazy portfolio più famosi, come l’All Weather di Ray Dalio e il Golden Butterfly di Harry Browne, li avrai sicuramente già sentiti nominare. In questo articolo andremo a spiegare cosa sono, i loro pregi, ma anche i difetti. Senza scadere troppo nel tecnico, dato che seguiranno poi degli articoli in cui analizzeremo assieme in modo approfondito la composizione dei portafogli pigri più noti, andiamo a capire insieme se questo tipo di investimento può fare al caso tuo. Il Pensiero e l’Approccio Il mondo degli investimenti prevede degli approcci molto diversi tra di loro, ma che possiamo suddividere in due grandi categorie: un approccio all’investimento attivo, ad esempio attraverso lo stock picking, e un approccio più passivo. I lazy portfolio riguardano questa seconda categoria di investitori. Infatti, l’idea alla base è quella di creare un portafoglio di strumenti ben diversificati in grado di muoversi in situazioni di mercato molto diverse tra loro, anche totalmente opposte, dando sì dei buoni rendimenti ma concentrandosi soprattutto sul ridurre il rischio e la volatilità. Tutto questo combinato a un minimo sforzo di gestione. Ma come si crea un lazy portfolio? Per capire come si crea un lazy portfolio dobbiamo capire meglio il pensiero che sta alla base di questo: ovvero un approccio di tipo macroeconomico. Mi spiego meglio: all’interno di un ciclo economico si osserva un’alternanza di fasi, caratterizzate da aspettative sulla crescita o decrescita economica e sull’inflazione o deflazione, che determinano i prezzi degli asset finanziari. Sono proprio le aspettative a guidare i mercati finanziari e in base a queste, in ogni fase ci saranno alcune asset class migliori di altre. A differenza però dei portafogli a stampo macro più classici, dove si cerca di capire e azzeccare la fase economica corrente e il punto preciso in cui ci si trova per indirizzare le proprie scelte verso strumenti che in quella determinata fase potrebbero offrire maggiori performance, i lazy portfolio rinunciano a cercare di individuare la fase specifica e puntano invece ad ottenere buone performance in tutte le fasi del ciclo, puntando idealmente a rendimenti più bassi, ma mantenendo minimi volatilità e rischio. Infatti, non è semplice, nemmeno per i migliori economisti, riuscire a stabilire con precisione in che fase di mercato siamo e anche assumendo di riuscire a capire correttamente quale sia la fase economica corrente, risulta ancora più complicato stabilire con precisione in che momento di questa fase ci troviamo, ovvero risulta quasi impossibile determinare se si è all’inizio, alla fine o nel mezzo di una fase macroeconomica. Questo viene risolto dai lazy portfolio che eliminano per loro natura costitutiva questo problema di analisi macroeconomica. Come si struttura? Riassumendo i lazy portfolio individuano i quattro fattori principali che influenzano le fasi di un’economia: crescita economica, decrescita economica, inflazione e deflazione e definiscono per ogni singola fase quali sono gli asset che hanno performato meglio. Di seguito ti lascio una schematizzazione esempio del comportamento di crescita delle principali asset class nelle diverse fasi: Crescita economica Inflazione Aumenta Azioni, Obbligazioni aziendali/emergenti, Materie Prime/Oro Materie Prime/Oro, Obbligazioni legate all’inflazione Diminuisce Titoli di stato, Obbligazioni legate all’inflazione Titoli di stato, Azioni (es. di lettura della tabella: in caso di crescita economica superiore all’attesa: azioni, obbligazioni aziendali e/o emergenti e materie prime tendono a salire) Gli strumenti sopracitati sono solo una parte, solitamente si identificano diversi strumenti come opzioni, azioni, obbligazioni, commodities, REITS, Titoli di Stato, oro e asset class alternativi di vario tipo indici e ETF. La composizione non è necessariamente standard, ma il concetto base rimane sempre quello: tenendo conto delle preferenze ed esigenze personali, identificare strumenti adatti per ogni singola fase di mercato. Una volta deciso gli asset e il peso che vogliamo attribuirgli nel bilancio complessivo del portafoglio avremo così il nostro lazy portfolio. A questo punto sarà tutto di semplicissima gestione: andremo ad accumulare e a ribilanciare secondo le tempistiche previste dalla nostra strategia. Una volta visto cosa sono i portafogli pigri, viene spontaneo chiedersi se valga la pena o meno costruirne uno. Vantaggi Ci sono principalmente quattro vantaggi che un lazy portfolio più offrire: La diversificazione Poiché siamo liberi di scegliere con coscienza gli asset che vogliamo, i lazy portfolio consentono di diversificare su tutti gli strumenti che più riteniamo adatti e solitamente si cerca di ridurre la volatilità includendo diverse asset class. La decorrelazione I lazy portfolio sono per loro natura costitutiva composti da strumenti decorrelati tra loro. Infatti, come abbiamo già detto, l’idea di questi portafogli è di bilanciare i nostri investimenti su asset che hanno ottime performance in fasi alterne. In altre parole, se il portafoglio è costruito correttamente, quando un asset sale uno rimane fermo o con delle perdite ridotte dalla limitata volatilità, ma quando poi cambia la fase di mercato i ruoli si invertono. Le performance Grazie alla diversificazione e alla decorrelazione di questi portafogli storicamente si sono ottenute buone performance anche quando i mercati sono scesi. La gestione Sono portafogli molto semplici da gestire, sia materialmente, perché richiedono solo di essere ribilanciati, sia emotivamente, in quanto hanno spesso una volatilità inferiore alle singole asset class. VS Svantaggi Ma se da un lato abbiamo parlato dei vantaggi di questi portafogli, non possiamo ignorare gli svantaggi che questi comportano. L’altra faccia della medaglia delle performance e i rendimenti. È insito che nel momento in cui inseriamo asset class non performanti in quella specifica fase di mercato, ma che ci permettono di avere una copertura maggiore su tutte le casistiche,