Dal Molise per studiare Ingegneria in Emilia.
Oltre a molle e viti sono appassionato di psicologia, sport ed economia. Anche se passo volentieri il tempo guardando serie tv e programmi di cucina.
Penso al giornalismo e la scrittura come un modo di offrire la propria visione sui temi più vari senza avere la presunzione di avere la risposta al tutte le domande
I miei progetti:
Da novembre 2022 collaboro con il consulente finanziario Mirko Tessari per la realizzazione di articoli per il suo blog.
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- I Lazy Portfolio: cosa sono e come funzionano
- Come diventare ricchi velocemente (o poveri ancora più velocemente)
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I miei articoli:
Club to Brand
Lo stile dello sport, i club come brand di moda Sta arrivando la bella stagione. Con le giornate di sole i parchi e le spiagge iniziano a popolarsi di ragazzi e persone che si godono la vita e si divertono. Salta facilmente all’occhio lo stile con cui sono vestiti. Per molti la scelta è un mantra, maglia da calcio tutto l’anno e canotta da basket se si va al mare, così ci si può anche abbronzare senza i segni delle maniche. Vedendoli, verrebbe da pensare che si tratta di semplici tifosi, che scelgono di mostrare la propria fede sportiva indossando la divisa di rappresentanza, un po’ come si farebbe per le maglie della propria band preferita. In molti casi però, la scelta è puramente di stile, anche perché altrimenti guardandosi intorno sulle spiagge italiane ad agosto, verrebbe da pensare che l’NBA sia il vero sport nazionale e che il calcio non sia nemmeno d’interesse. Cosa attira le persone a scegliere di indossare una maglia di un club sportivo anche se non si è minimamente interessati? La risposta è più semplice del previsto: la Moda. Solo una questione di stile? Che le persone siano altamente influenzate dalla moda e le tendenze, non è la scoperta del secolo, in qualsiasi settore questa propensione è sfruttata per ricavare il più possibile da un prodotto o un servizio. I club di ogni sport hanno da sempre svolto operazioni di brandizzazione usando i colori sociali e il logo in tutto ciò che li riguarda. Infatti, per molte squadre, è solito riferirsi a loro attraverso i colori, sono degli esempi “giallorossi” per la Roma, “bianconeri” per la Juventus o “Reds” per la squadra inglese del Liverpool. Questa primordiale forma di posizionamento del mercato, nel corso degli anni con l’ampliarsi del pubblico, ha attirato l’attenzione dei brand di moda sportiva e di lusso. Non si trattava più di fare una semplice divisa a tinta unita o a strisce bicolore che rappresentasse il club, era necessario impegnarsi per dare uno stile alla casacca che rimanesse impresso, con un unico obiettivo: vendere le maglie ai tifosi. Come accennato in precedenza, indossare una maglia di un club, era da sempre visto come il riconoscersi parte della tifoseria e supportare la squadra, pochi si sarebbero immaginati che una maglia di una piccola provincia italiana potesse finire indosso ad un giovane dall’altra parte del mondo. La realtà è che la voglia di dare un’identità di stile alla divisa, nata intorno agli anni settanta, ha portato alla moda dei giorni d’oggi in cui addirittura si vanno ad acquistare repliche delle maglie degli anni passati per adeguarsi al trend aggiungendo anche un tocco di vintage che non guasta mai. Il mercato della moda sportiva Le persone interessate all’acquisto delle maglie delle squadre sono aumentate, nonostante il prezzo per una maglia della stagione attuale, parte dagli 80-90 euro, per la versione “replica”, sino ai 150-180 euro per poter indossare la stessa portata in campo dai giocatori completa di personalizzazione e patch per le competizioni. Una cifra di tutto rispetto che quasi fa meravigliare di come ogni anno i tifosi siano disposti ad affrontarla. Con questi prezzi non meraviglia che il mercato delle maglie ufficiali per il solo calcio si aggiri attorno ai 10 miliardi di dollari annui, senza contare tutti i prodotti contraffatti che contribuiscono involontariamente alla popolarità delle squadre. Come possiamo vedere dalla seguente tabella i club con le maglie ed il merchandising, ricavano annualmente delle cifre molto importante per il bilancio, che unite ai diritti televisivi ed i premi dei risultati stagionali, costituiscono l’intero ammontare del fatturato. Squadra Ricavi Merchandising anno 2023 Barcellona 179 milioni Real Madrid 155 milioni Bayern Monaco 147 milioni Liverpool 132 milioni Manchester United 130 milioni Paris Saint-Germain 97 milioni Arsenal 89 milioni Chelsea 87 milioni Juventus 74 milioni Tottenham 74 milioni Per il basket invece dal seguente grafico emerge come sia altamente confermato il trend di popolarità dell’indossare le canotte anche al di fuori del campo e senza essere supporter della squadra. I dati nello specifico sono riferiti al mercato americano, ma per quello internazionale le cifre sono paragonabili ed evidenziano lo stesso trend. La grande visibilità e diffusione ha reso le maglie sportive dei cartelloni pubblicitari ambulanti, aumentando così le cifre che i club possono chiedere per far apparire su di esse i loghi dei brand. Club sportivi, la crescita del valore Tutte le scelte economiche e di posizionamento del brand da parte dei club sportivi, hanno portato nel corso degli anni ad una crescita impressionante del loro valore. Come si vede dal grafico che segue, la valutazione ha toccato quello delle grandi società in tutt’altri ambiti, nonostante l’ammontare non sia strettamente correlato con il fatturato, come di solito accade. Infatti, il riconoscimento ed il prestigio della squadra hanno un valore intrinseco in sé che è slegato anche dai risultati sportivi, che altrimenti provocherebbero continue oscillazioni delle valutazioni, e che ha potuto consolidarsi nel tempo. Non stupisce che nel corso degli anni, vi sia stato un avvicendamento dei proprietari e presidenti dei club, passando dai vecchi magnati che vedevano allo sport come un passatempo senza profitto, ai grandi fondi di investimento che hanno compreso le potenzialità mediatiche dello sport. Questo ha spinto ad un aumento della produzione di merchandising e soprattutto della moda sportiva, facendo si che i marchi sportivi che ogni anno vestono le squadre producano numerose versioni per la maglia con cui i giocatori scendono in campo e tutti i tipi di indumenti sportivi, come tute e materiale per gli allenamenti, che possono anche essere usati quotidianamente. La moda sportiva, unita all’aumento della spettacolarizzazione in tv dei match, mostra come la transizione dei club sportivi da semplici società fatte per amore dello sport a vere e proprie aziende stia per raggiungere il suo stadio finale. Ai nuovi proprietari non importano veramente successi e le emozioni che lo sport è in grado di trasmettere. I risultati, ovviamente sono ammessi solo quelli positivi, servono a raggiungere più pubblico da trasformare in futuri clienti.
Economia nel calcio
Quanto erano belli i tempi in cui nel fine settimana ci si organizzava con amici e parenti per seguire le partite di calcio. I pranzi della domenica affrettati perché “dai che tra poco c’è il calcio d’inizio”. Una sensazione di nostalgia che però mostra solo come il calcio ma anche tutti gli sport, stiano vivendo da anni il passaggio da semplice disciplina atletica a vero e proprio spettacolo di intrattenimento. E si sa, lo show business ha le sue regole. L’arrivo delle tv private Com’era quindi il calcio in tv? Un tempo, per l’Italia si giocava tutti la domenica alle 14:30 o le 15 a seconda del periodo dell’anno con la possibilità che una partita, tra squadre con più seguito, giocasse la sera di domenica o il sabato prima. Questo modo di giocare era utile, perché metteva meno ai calciatori la pressione del risultato di un avversario che aveva già giocato e magari li aveva scavalcati in classifica. Per le altre nazioni era circa lo stesso, solo che al posto della domenica c’era il sabato, che da noi era riservato alla Serie B, giusto per praticità. A partire dagli anni ’90 qualcosa è cambiato, le tv a pagamento fecero il loro ingresso dirompente sul mercato ed il calcio si ritrovò in tv. Sì perché prima le partite non le si seguiva tramite una tv, ma alla radio con i cronisti presenti allo stadio che raccontavano quello che stava succedendo. O tramite i programmi in tv che sempre con la stessa modalità raccontavano gli eventi in diretta. Chi aveva la voglia di vedere quello che stava succedendo aveva una sola strada, saltare in macchina e comprare un biglietto per andare allo stadio. Altrimenti, aspettare il pomeriggio per gustarsi sulla Rai il programma “90esimo minuto” dove venivano mostrati tutti i goal e le azioni salienti della giornata sportiva. Ma quindi cosa cambiò 30 anni fa? Fino agli anni ’80, non esisteva ancora il concetto di “diritti televisivi” per le partite di Serie A era possibile seguire le partite solo nel modo raccontato in precedenza. L’istituzione giuridica che permise di trasmettere in diretta le partite in chiaro iniziò nel 1980 su base di quello usato in altri paesi. Da quel momento alcune partite, grazie all’accordo tra la lega calcio e la Rai apparvero sulla tv programmi come il già citato “90esimo minuto” e molti approfondimenti sul settore. La vera rivoluzione era però in attesa di compiersi. Nel 1993 la società privata con i propri canali Tele+ si interessò all’acquisto dei diritti televisivi, ma non sarebbero stati a disposizione di tutti come sulla Rai, ma solo di fosse disposto a pagare un abbonamento. Iniziò allora la differenziazione tra diritti criptati e diritti in chiaro. Da quel momento in poi ogni 3 o 5 anni venivano indette gare per l’assegnazione dei diritti criptati di trasmissione al miglior offerente. Quando gli interessati erano in più di una azienda, come per qualsiasi bando l’offerta si alzava e questo permetteva di far incassare più soldi alle società sportive. Come sono distribuiti i ricavi televisivi Il 50% del ricavato viene diviso equamente tra i club iscritti al campionato, il 20% viene assegnato in base a quanto è stata seguita una squadra, per via televisiva secondo i dati auditel Auditel (8%) e all’affluenza allo stadio (12%), modo in cui si riesce a capire quanto una squadra abbia seguito ed influenza. Per ultimo il 30% viene assegnato sulla base dei risultati sportivi, ovvero del piazzamento in classifica, dei punti ottenuti, dei risultati negli ultimi cinque campionati. La spartizione è regolata dalla Legge Melandri con varie riforme e aggiustamenti successivi. In termini monetari, di che cifre si sta parlando? Come è visibile dal grafico seguente, siamo partiti come valori dei ricavi di circa 60 milioni di euro (considerando i dati in lire), arrivando al picco di 973 milioni di euro per il triennio 2018-2021. A seguito del quale si è verificata una flessione dell’offerta per i maggiori costi che le società distributrici devono affrontare. Nella seguente tabella invece vediamo quanto siano i ricavi delle maggiori squadre di serie a derivanti dalle più varie fonti confrontate con quelle delle maggiori squadre del campionato inglese di Premier League. il secondo mostra per la stessa stagione scelta per il confronto un ammontare totale dei ricavi superiore al doppio di quello del campionato italiano. Serie A 2020/21 Premier League 2020/21 Juventus 437,5 Manchester City 689,6 Inter 356,4 Manchester United 598 Milan 232,6 Liverpool 589,8 Roma 194,8 Chelsea 526,2 Napoli 174,5 Tottenham 437,9 Lazio 164,7 Arsenal 397,2 TOTALE 1560,4 TOTALE 3238,7 In questi numeri, qual è il contributo dei diritti televisivi? La distribuzione percentuale è molto variabile, andando dal 10% al 25%, per via che nei ricavi vengono considerati anche quelli derivanti dalla compravendita dei cartellini degli atleti i cui prezzi sono del tutto aleatori. Per quale motivo si è presa come riferimento la Premier League? Perché nello stesso anno in cui la Serie A riusciva a toccare il suo picco di ricavi dai diritti televisivi, il campionato inglese garantiva ricavi in premi per le squadre per un totale di oltre 3 miliardi di euro, cifra di gran lunga superiore ai 973 milioni del campionato nostrano. Con un ricavo medio delle singole squadre partecipanti di circa 160 milioni di euro. Questo valore è pari al doppio di quanto il vincitore del campionato di serie A incassi della quota dei 973 milioni, cioè 80 milioni di euro. I maggiori guadagni sono segnale non solo del fatto che il campionato italiano abbia meno seguito, cosa del tutto comprensibile nello sport, ma che le squadre dei campionati esteri hanno maggiori risorse. Questo business ha ancora dei margini di sostenibilità o è destinato a soccombere schiacciato dai suoi stessi costi? Se i club in passato prima dell’arrivo delle televisioni private e della spettacolarizzazione dello sport si trovavano a dover sostenere costi di gestione più bassi, ora hanno necessità di massimizzare gli incassi cercando anche di diversificare le fonti, per cercare di raggiungere il livello di ricavi che permetterebbe di reinvestire nell’aumento della qualità
Calcio Italiano in Arabia
Da poco si è conclusa l’edizione 2024 della Supercoppa Italiana disputata in Arabia Saudita, che ha visto trionfare l’Inter contro il Napoli per 1-0. Al di là dal risultato sportivo, le immagini che hanno fatto storcere il naso, sono quelle degli stadi quasi vuoti per alcune partite, cosa del tutto normale dato che squadre come la Fiorentina, tra le partecipanti alla competizione, non hanno praticamente seguito nel paese arabo e sono poco conosciute. A questo punto la domanda sorge spontanea: come ci è finito così lontano da Roma un simile trofeo? La storia del Trofeo A partire dalla sua nascita nel 1988, la Supercoppa Italiana è stata pensata come trofeo che incoronava il vero campione, della stagione precedente appena conclusasi, con una partita diretta tra il vincitore del campionato di Serie A e della Coppa Italia. Trattandosi di un trofeo creato nell’era delle televisioni private e dell’aumento del pubblico potenziale, alla Lega Calcio Italiano venne l’idea di usare questa partita per farsi conoscere all’estero. Del resto di solito a giocarsela erano sempre quelle 3/4 squadre delle città Italiane più grandi e conosciute all’estero, quindi i nomi delle contendenti erano involontariamente già noti anche per i non appassionati dello sport. La 6ª edizione della Supercoppa italiana fu il primo tentativo di portare all’estero questa competizione. La partita venne disputata il 21 agosto 1993 al Robert F. Kennedy Memorial Stadium di Washington tra il Milan e il Torino, e si concluse con la vittoria del Milan per 1-0 con rete di Marco Simone. Quindi, da circa 30 anni la competizione, non è solo una “questione Italiana”. Dopo questa volta, per un’altra edizione all’estero della Supercoppa Italiana si è atteso sino al 2002 con la partita tra Juventus e Parma, conclusa per 2-1 in favore dei bianconeri. Lo scontro venne disputato allo stadio 11 Giugno a Tripoli, Libia. L’anno successivo tornò in America in New Jersey allo Giants Stadium. Come emerge dalla scelta delle mete, si trattava di città in cui era presente una forte comunità italiana che già segue le squadre che andranno a giocare la partita, dove quindi era facile riempire uno stadio di tifosi interessati. Questi eventi però non riuscivano veramente a portare forti incassi nelle casse squadre o aumento del pubblico per il ritorno della visibilità mediatica. . La svolta internazionale La rivoluzione della competizione per aumentare la visibilità e gli incassi era però dietro l’angolo. A partire dal 2009, la Supercoppa Italiana si disputò molto lontano da Roma, arrivando fino a Pechino. La collaborazione tra la Lega calcio e Federcalcio Cinese, si consolidò poi con le edizioni del 2011-2012-2015. Ospitare un trofeo simile era motivo di prestigio per il governo cinese che voleva gettare le basi storiche per la trasformazione della Cina in una futura superpotenza nel gioco del calcio e nello panorama sportivo mondiale. Questo progetto di creare un sistema sportivo legato al calcio, si articolava in molti modi e con la mobilitazione di grosse risorse e ospitare queste partite era solo uno dei punti. L’inizio dell’avventura araba della Supercoppa si ha nel 2014, con l’edizione precedente all’ultima nell’estremo oriente. Infatti, quella che si è disputata a Gennaio di quest’anno non era la prima edizione giocata in Medio Oriente, bensì la 6ª. Il governo saudita ha infatti messo in campo in questi anni, la stessa logica di creazione di un retaggio storico per il calcio nazionale ospitando le maggiori competizione e chiamando a sé i migliori talenti sportivi. Perché si gioca in Medio Oriente? A prescindere dall’essere favorevoli o meno con la politica messa in atto dal governo dell’Arabia Saudita per nobilitare lo sport nel suo paese, resta indubbio che esistano importanti vantaggi e ritorni economici che riguardano le squadre e i giocatori che scelgono di partecipare al gioco. Per quanto riguarda la Supercoppa Italiana, oggi la scelta di giocare all’estero è data da una forte influenza sul montepremi. Tenendo solo conto delle edizioni giocate con l’aggiornamento della valuta dalla lira all’euro. Si può vedere come negli stessi anni, il disputare la finale all’estero abbia portato un notevole impatto sul montepremi finale da dividere tra i vari partecipanti. Nell’ultima colonna è posto il montepremi dovuto alla nuova formula della Supercoppa Italiana che prevede la partecipazione non più solo di due squadre ma delle 4 selezionati secondo particolari criteri. Quindi, grazie all’accordo quadriennale stipulato tra la Federcalcio Italiana ed il governo saudita, il montepremi sia arrivato ad una cifra molto più alta delle precedenti. Somme di rilievo considerando che si tratta di una partita diretta e del prestigio che si riceve dalla vittoria. Montepremi Italia Montepremi Cina Montepremi Arabia Montepremi nuova modalità in Arabia 3.000.000 6.000.000 6.750.000 23.000.000 Tifosi e sponsor: quanto fanno incassare? Come si è detto in precedenza, far giocare una simile competizione all’estero era principalmente per aumentare il seguito e la popolarità del calcio italiano. Come possiamo vedere nella tabella che segue, le squadre italiane hanno un importante seguito anche all’estero, questi tifosi costituiscono un mercato molto importante per il merchandising e per il ritorno mediatico di queste squadre. Squadre Tifosi in Italia Tifosi nel mondo Incassi sponsor maglia Juventus 8.725.000 27.000.000 57.000.000 Inter 3.975.000 55.000.000 26.000.000 Milan 3.868.000 95.000.000 15.000.000 Napoli 2.783.000 35.000.000 11.000.000 Roma 1.895.000 22.000.000 8.000.000 Fiorentina 673.000 900.000 circa 26.200.000 Lazio 606.000 1.000.000 circa 8.000.000 Cagliari 520.000 800.000 circa 4.000.000 Torino 462.000 600.000 circa 4.000.000 Bologna 328.000 500.000 circa 3.000.000 I dati sui tifosi nel mondo mostrati in tabella riguardano sondaggi eseguiti a livello mondiale per le maggiori squadre europee. I club che figurano con la voce “circa” a seguito del numero, hanno i numeri che sono stime di valutazioni societarie e non veri e propri sondaggi ufficiali. La motivazione più grande della conoscenza visibilità e del seguito all’estero è davanti agli occhi di tutti: gli sponsor. Nell’ultima colonna a destra è presente la voce “Incassi sponsor maglia”, questo perché la maglia della squadra infatti costituisce una pubblicità persistente che ben si imprime nella mente dei tifosi e chi segue le partite di quella squadra. Al punto che per alcune